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Ciro il grande, “Salvami o ti picchio”

A Ischia i bambini rimasti sotto le macerie dopo il terremoto sono tutti salvi e i vigili del fuoco sono tutti eroi

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Ciro, undici anni, urlava al vigile del fuoco: “Sto morendo”. E lui gli rispondeva: “Non muori, siamo in troppi qui fuori, siamo qui per te, andiamo a mangiare la pizza insieme”. Ciro urlava e urlava, vivissimo, spaventato, sei metri là sotto con tutte le macerie addosso, incastrato nella rete del letto che l’ha salvato, e con cui ha salvato suo fratello Mattias, sette anni, trascinandolo con sé. La madre era in bagno, incinta di una quarta figlia, è uscita dalla finestra sapendo che la casa era crollata su un neonato di sette mesi e sui suoi fratelli. Le lacrime di questa madre hanno accompagnato i soccorsi, tutte le ore di scavo, di acqua data con un sondino, le urla per farsi sentire, per tenerli svegli, e il neonato ha pianto con tutto il fiato per sette ore e ha guidato i vigili del fuoco. L’abbiamo visto uscire da lì fra gli applausi, le gambette rosa e grigie di polvere, le mani verso l’alto, illeso, fra i caschi dei soccorritori e poco dopo fra le braccia della madre affranta, che guardava la sua famiglia inghiottita dalle pietre, e intanto Ciro sempre chiamava: mamma. Diceva anche: se non mi tirate fuori vi picchio. Ma voleva che salvassero prima suo fratello, perché è più piccolo. E loro due là sotto hanno anche litigato, respirato lo stesso buio, pianto per le contusioni e le ferite, e con una scopa segnalato la posizione. Ce l’hanno fatta, e noi ce l’abbiamo fatta, a guardare i vigili del fuoco scavare dalle otto e mezza di lunedì sera senza mai fermarsi, attenti a non far cadere altre pietre. Tutti avevamo questa fiducia totale e speciale in loro.

Abbiamo, nell’essere spettatori di un disastro, evitabile ma accaduto, e che quindi spazza via nell’emergenza le analisi e le accuse, il bisogno di affidarci a qualcosa di sicuramente forte, che non può sbagliare. Ci sembra che i vigili del fuoco saranno capaci di salvarci sempre dalla casualità anche un po’ arrogante sopra cui appoggiamo le nostre vite. A Casamicciola ci si opponeva anche con violenza, perfino con bombe carta, alla demolizione degli stabili abusivi e costruiti su un terreno franoso, ma adesso nelle orecchie abbiamo soltanto la vocina di Ciro che là sotto chiede a Mario, il vigile del fuoco che gli fa coraggio: “Mi vuoi bene?”. “Certo che ti voglio bene, stiamo venendo a prenderti”, gli urlava Mario mentre il bambino cedeva alla paura, dopo sedici ore incastrato fra le macerie. La voce che si affievolisce e poi scompare è l’incubo dei soccorritori: ad Amatrice i vigili del fuoco erano devastati dal perdere il contatto con le parole, e qui c’era una donna del team di Rigopiano, che ha lavorato con il silenzio creato dalla neve. Ciro non ha mai smesso di parlare, di litigare con il suo fratellino, di dire: lo so che non mi salvate, siete solo in due. Erano tanti, l’hanno tirato fuori da lì, gli hanno dato l’ossigeno, e l’ambulanza è partita verso l’ospedale, dove la madre aspettava sulla sedia a rotelle. Mattias, il fratello di sette anni, ha chiesto dov’è il suo salvadanaio. A quella domanda: mi vuoi bene?, è stata data la migliore delle risposte.

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