Servono investimenti sulla sicurezza e nuove leggi. La ricetta di Sherif el Sebaie

Maurizio Stefanini

L'esperto di terrorismo spiega perché in Italia l'estremismo islamico non ha ancora portato ad attentati. E attacca il sindaco di Torino per la gestione della sicurezza

“Nel lontano 2011, in un convegno promosso dal Consolato americano di Milano, lo dissi apertamente: questione di tempo e...”. Egiziano, residente in Italia, esperto di diplomazia culturale, rapporti euro-mediterranei e politiche sociali di integrazione – che lo hanno portato ad essere anche un ascoltato analista in temi di terrorismo jihadista – Sherif el Sebaie ha commentato con questo Tweet la notizia che il terzo degli attentatori di London Bridge aveva anche la cittadinanza italiana. Come spiega al Foglio, “Youssef Zaghba non è neanche il numero zero. Prima c’era stato l’italo-tunisino che aveva accoltellato i carabinieri a Milano, e prima ancora il libico sposato con un’italiana che si era fatto saltare davanti alla caserma”.

 

Sherif el Sebaie spiega da tempo che in Italia il problema jihadista non è ancora grave solo perché “da noi i musulmani sono di meno e ci sono da meno tempo. Normalmente la prima generazione di immigrati accetta un patto di accoglienza e si adegua. Sono i figli che iniziano a dare dei segnali di scontentezza. Sono i nipoti che si arrabbiano sul serio e finiscono nelle grinfie del pensiero radicale”. Ma forse stiamo bruciando le tappe. “Stanno aumentando i segnali della presenza di elementi della seconda generazione che sono già radicalizzati e pronti a entrare in azione”. “Come avvertivo appunto nel momento delle primavere arabe, in Europa abbiamo molti degli stessi problemi di disoccupazione giovanile che hanno incendiato il medio oriente, ma con in più la questione dell’integrazione delle seconde generazioni. E in Italia a mio parere più ancora che in altri paesi, perché si è poco restrittivi con chi arriva dall’estero, ma poi chi invece nasce in Italia accede alla cittadinanza con troppe difficoltà. Così si crea una base a partire dalla quale i più deboli vengono facilmente manipolati”.

 

Si è detto in compenso che in Italia i servizi segreti e le forze dell’ordine hanno finora mostrato più efficienza che in altri paesi. Forse perché l’esperienza del terrorismo ha dato una marcia in più…. “Il terrorismo islamico è diverso da quello rosso, ma sicuramente una base di esperienza c’è, e molte tragedie hanno potuto essere sventate. Ma se a qualcuno salta in testa di mettersi su un tir e falciare la gente è difficile che i servizi segreti lo possano fermare. Il fatto che la gran parte degli ultimi attentatori abbia colpito malgrado fossero stati già conosciuti e individuati indica che evidentemente, non ci sono le risorse per seguire tutti”.

 

Però Zaghba, pur essendo di Bologna, è andato a colpire a Londra. “Forse è la dimostrazione di una precisa strategia politica: non fanno attentati eclatanti da noi per il fatto che l’Italia è ininfluente sul piano della politica estera”. Non c’è dunque niente da fare? “Bisogna investire sulla sicurezza. Bisogna darsi leggi più severe: non è ammissibile che, come è ora accaduto in Australia, possa fare un attentato una persona sotto processo”.

 

Dopo di che in Italia l’attentato è come se ce lo fossimo fatti da soli, con la storia di Piazza San Carlo. “Che in un certo senso è una vittoria del terrorismo. Se si è creata una psicosi collettiva del genere vuole dire che il terrorismo ha raggiunto il proprio scopo: terrorizzare”. Nei suoi tweet, Sherif el Sebbaie si è anche detto pentito di avere aiutato Chiara Appendino a diventare sindaco. “L’avevo messa in contatto con un esperto di sicurezza di grande rilevo internazionale, Claudio Bertolotti, già responsabile della Country Intelligence della sicurezza della base Nato a Kabul. Pensavo potesse darle una mano, ma invece ha preferito tenere tutte le deleghe per sé, e i risultati si vedono. Dice: nel 2015 erano state messe in atto le stesse procedure. Riesce a capire che dal 2015 la situazione della sicurezza è drammaticamente cambiata?”. “Una con la sua scarsa esperienza dovrebbe essere contenta di circondarsi di persone competenti in grado di aiutarla a fare. Ma forse ha paura che le persone competenti facciano emergere la sua incompetenza”.