Alberto Stasi (foto LaPresse)

Svolta nel delitto di Garlasco: il Dna sotto le unghie di Chiara Poggi non sarebbe di Alberto Stasi

Redazione

Secondo un'indagine condotta dalla difesa, quei frammenti apparterrebbero a una vecchia conoscenza della ragazza. Probabile riapertura del caso: un anno fa Stasi fu condannato a 16 anni

Le tracce di Dna rinvenute sotto le unghie di Chiara Poggi non sarebbero dell'ex fidanzato Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere il 12 dicembre 2015, ma di un'altra persona di sesso maschile. Elisabetta Ligabò, la madre di Stasi, ha rivelato al Corriere della Sera i risultati di una nuova indagine alla quale avrebbero partecipato un "noto" genetista e una società di investigazioni di Milano. Sulla base dei risultati di laboratorio probabilmente si riaprirà il caso per il delitto della 26enne, avvenuto nella sua casa di Garlasco, in provincia di Pavia, il mattino del 13 agosto 2007.

 

 

Elisabetta Ligabò punta alla revisione del processo, ma le nuove prove, secondo le quali il Dna potrebbe appartenere a una persona del vecchio giro di conoscenze di Chiara Poggi, dovranno essere ritenute tali anche dalla polizia giudiziaria. Già in un primo momento gli investigatori non erano riusciti ad analizzare nella sua completezza quei piccoli frammenti trovati sotto le unghie della ragazza. Il confronto del settembre 2014 con il Dna di Stasi, oggi 33enne, evidenziò una compatibilità solo per cinque marcatori contro la necessità di almeno nove corrispondenze. Fu proprio quella perizia del tribunale a dare il la alle nuove indagini della difesa.

 

"Non ho fatto che ripeterlo e finalmente ne ho la conferma. Mai e poi mai Alberto avrebbe potuto uccidere Chiara. Si amavano e avevano progetti in comune – dice adesso la madre di Stasi - Amo mio figlio, l’avrei amato anche da colpevole ma chi sa del delitto ha continuato a non parlare e a stare nascosto, scegliendo il silenzio". Elisabetta Ligabò sottolinea di aver "combattuto a lungo, a volte anche in solitaria, contro le convinzioni di tanti che subito avevano decretato la colpevolezza di mio figlio senza alcuna esitazione. Non ho creduto nemmeno per un istante a una sua responsabilità. E se finora era una convinzione, adesso è una certezza: quella persona deve spiegarmi la presenza del suo dna sotto le unghie della ragazza. Lo deve a me, lo deve ai genitori di Chiara, lo deve a tutti".