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Variante Bollate

La sottile Zona rossa

Reportage sotto casa dalla città lombarda finita blindata (o quasi)

Maurizio Crippa

Il focolaio nelle scuole e il rischio di contagio: Milano è a pochi chilometri, con gli altri comuni non c'è soluzione di continuità. I motivi per cui non può essere come a Codogno né tantomeno a Wuhan. (Ma non era arrivato Draghi?)

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Ma come vuole che facciano a chiuderci, siamo attaccati a Milano, lavorano tutti in giro”. L’ultimo caffè nella pasticceria sotto casa, entro le fatidiche ore 18 di mercoledì 17, con il bancone pieno di chiacchiere perché qui è ancora Carnevale anche se nessuno ne ha voglia. Invece sì, la mattina dopo ci hanno chiusi dentro. Almeno per così dire. Le pattuglie dei vigili, persino quelli in trasferta dai comuni limitrofi. L’esercito. “Un po’ assurdo, addirittura le armi a tracolla” (le chat locali, vox populi). Zona rossa per davvero, variante inglese. C’è stata la prima vittima, una signora anziana contagiata dalla figlia che lavora nella famosa scuola infetta: 59 contagiati scoperti a fine gennaio (“Ma che senso ha aspettare tre settimane?”, le chat). Qui c’erano stati 128 morti ufficiali finora, su 37 mila vivi. Bollate in fin dei conti se l’era scampata. Ora fa un po’ effetto trovarsi nei tiggì, come un focolaio londinese. Variante, indice di contagio, sicurezza e appelli del sindaco alla responsabilità. Che poi: blindati come a Codogno, come la Wuhan dell’hinterland? Macché. Giusto un colabrodo di pattuglie con le maglie un po’ più strette di prima. Tipo a Natale. Ma tutti hanno un’autocertificazione necessitante, a giudicare dal traffico. Tranne giusto gli studenti rimessi in Dad che non possono andare a scuola fuori comune. E anche le elementari a casa, asili e materne compresi. Siamo noi, l’unica zona rossa di Lombardia che abbia dimensioni di piccola città, e per di più assembrata sul confine indiviso della metropoli.

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Ma come vuole che facciano a chiuderci, siamo attaccati a Milano, lavorano tutti in giro”. L’ultimo caffè nella pasticceria sotto casa, entro le fatidiche ore 18 di mercoledì 17, con il bancone pieno di chiacchiere perché qui è ancora Carnevale anche se nessuno ne ha voglia. Invece sì, la mattina dopo ci hanno chiusi dentro. Almeno per così dire. Le pattuglie dei vigili, persino quelli in trasferta dai comuni limitrofi. L’esercito. “Un po’ assurdo, addirittura le armi a tracolla” (le chat locali, vox populi). Zona rossa per davvero, variante inglese. C’è stata la prima vittima, una signora anziana contagiata dalla figlia che lavora nella famosa scuola infetta: 59 contagiati scoperti a fine gennaio (“Ma che senso ha aspettare tre settimane?”, le chat). Qui c’erano stati 128 morti ufficiali finora, su 37 mila vivi. Bollate in fin dei conti se l’era scampata. Ora fa un po’ effetto trovarsi nei tiggì, come un focolaio londinese. Variante, indice di contagio, sicurezza e appelli del sindaco alla responsabilità. Che poi: blindati come a Codogno, come la Wuhan dell’hinterland? Macché. Giusto un colabrodo di pattuglie con le maglie un po’ più strette di prima. Tipo a Natale. Ma tutti hanno un’autocertificazione necessitante, a giudicare dal traffico. Tranne giusto gli studenti rimessi in Dad che non possono andare a scuola fuori comune. E anche le elementari a casa, asili e materne compresi. Siamo noi, l’unica zona rossa di Lombardia che abbia dimensioni di piccola città, e per di più assembrata sul confine indiviso della metropoli.

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Tutti i giornali venuti qui (“inviato a Bollate” hanno scritto i più temerari, manco fosse in Perù: dieci minuti d’auto da CityLife o venti di Trenord) hanno messo la foto del palazzo del comune come fossero arrivati a Timisoara. Con la pattuglia fuori. Ci sono passato ieri mattina, né pattuglia né spavento in giro, caffè d’asporto in ottemperanza alle restrittive norme. In verità il municipio di Bollate è un’opera in serrino grigio che fece epoca, a fine anni 80, punto urbanistico d’arrivo dell’architetto Virgilio Vercelloni, nome importante non solo per Milano. Voleva lasciare un landmark, per “ricucire un contesto urbano frammentato”. Rimane poco comprensibile anche adesso, non ha ricucito nulla in una città dell’hinterland che non ha mai superato davvero la de-industrializzazione. La Città Metropolitana non è mai nata e Bollate se ne sta lì, a vicinanza pericolosa di contagio:  l’unica cosa che preoccupa. Anni dopo l’architetto Vercelloni precipitò dall’ultimo piano della sua creatura, nella spianata interna del palazzo. Fu archiviato come incidente, le ferite del territorio non si ricuciono mai. Del resto Bollate è a due km dall’Ospedale Sacco di Milano, dove il super virologo Massimo Galli ha detto che è tutto invaso di varianti non solo inglesi. 

 

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Peccato che l’ospedale invece abbia smentito. E che tu sia cronista foresto, o bollatese, come puoi farti persuaso che la variante ci sia davvero? Più che zona rossa, sembrano stati di allucinazione. Un paesaggio irreale, dove tutto sarebbe chiuso e invece niente è fermo. Perché in fondo la zona rossa non può essere rossa, e questo è il quanto. Pure il governatore Fontana preferisce chiamarla “fascia”. La variante eufemistica. Zona rossa fu Codogno, un esperimento sanitario e sociale isolato nel mezzo della Grande Pianura. Ma non si riuscì a farla ad Alzano, e ancora si discute di chi fu la colpa. Fatto sta che stavolta Fontana di zone rosse ne ha proclamate ben quattro. Ma non sono Wuhan, Milano è in fondo al viale. Un po’ più d’attenzione di prima, meno ragazzi in giro. “Un potenziamento dei controlli ma non in modalità repressiva: per far percepire la delicatezza di questo momento e l’importanza di rispettare le regole”.

 

Se c’è uno spavento che davvero ci riporta indietro, è di un altro tipo: sembra di essere tornati nell’Italia arcobaleno e a casaccio prima di Draghi. Mancano solo le primule e le conferenze stampa di Conte: il futuro è un’ipotesi. Il lockdown duro, se hai un focolaio, forse servirebbe (lo scopriremo vivendo, oppure morendo, tra un paio di settimane). Solo che non si può fare, questo in fondo è un quartierone in mezzo a due milioni di abitanti assembrati, ognuno col suo colore cangiante. Ad impossibilia nemo tenetur. Un paese che non riesce a fermare la protesta assembrata delle sale Bingo a Piazza del Popolo, ieri, come potrebbe blindare una cittadina laboriosa, senza confini se non immaginari, affacciata su una brughiera d’aria buona di campi e cascine? “Hai sentito che siamo in zona rossa?”. E quindi? “Niente, come a Natale”. Ma come, non era arrivato Draghi?

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