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I respingimenti sono colpa dei privati. L'ultima dello stato italiano sui migranti

Luca Gambardella

Un caso inquietante del 2018 chiama in causa la nostra Marina Militare, la Guardia costiera, l'Oim e l'Unhcr per un salvataggio di due anni fa. A pagare però potrebbe essere solamente una società privata, la Augusta Offshore

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Un mese dopo l'insediamento del primo governo Conte, il 1° luglio 2018 lo stato italiano ha coordinato un'operazione di respingimento illegale dei migranti che ha coinvolto anche una compagnia privata, la Augusta Offshore. Secondo l'avvocato Luca Saltalamacchia, dell'Associazione studi giuridici per l'Immigrazione (Asgi) che oggi ha annunciato in conferenza stampa l'avvio di un procedimento penale a carico del comandante del rimorchiatore Asso 29, è la prima volta che lo stato italiano e una società privata si rendono co-responsabili di un respingimento illegale. Per l'avvocato Salvatore Fachile, “si tratta di un caso emblematico in cui lo stato italiano ha aggirato le precedenti condanne comminate dalla Corte di Giustizia europea, le norme della Costituzione italiana e delle convenzioni internazionali”. 

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Un mese dopo l'insediamento del primo governo Conte, il 1° luglio 2018 lo stato italiano ha coordinato un'operazione di respingimento illegale dei migranti che ha coinvolto anche una compagnia privata, la Augusta Offshore. Secondo l'avvocato Luca Saltalamacchia, dell'Associazione studi giuridici per l'Immigrazione (Asgi) che oggi ha annunciato in conferenza stampa l'avvio di un procedimento penale a carico del comandante del rimorchiatore Asso 29, è la prima volta che lo stato italiano e una società privata si rendono co-responsabili di un respingimento illegale. Per l'avvocato Salvatore Fachile, “si tratta di un caso emblematico in cui lo stato italiano ha aggirato le precedenti condanne comminate dalla Corte di Giustizia europea, le norme della Costituzione italiana e delle convenzioni internazionali”. 

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L'Sos

 

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La ricostruzione dei fatti, confermata dai documenti forniti dall'Augusta Offshore e dai tracciati satellitari, descrive un'operazione complessa e dal coinvolgimento inquietante di unità della Marina militare italiana e di funzionari di organizzazioni internazionali, dall'Oim all'Unhcr, in cui, come ha spiegato Fachile, “tutto porta a un coordinamento italiano”. Il 29 giugno 2018, un gommone con a bordo 150 persone parte da al Khoms, nella Libia occidentale. I richiedenti asilo sono tutti di nazionalità etiope, eritrea e sudanese. Il giorno successivo, il gommone invia al comando di Roma della Guardia costiera italiana la segnalazione di essere in difficoltà e di imbarcare acqua. Dopo il sorvolo di alcuni mezzi aerei ancora non identificati, arriva sul posto una motovedetta della Guardia costiera libica, la Zwara. Il mare è talmente mosso, secondo la ricostruzione fornita dall'avvocato Giulia Crescini, che persino la motovedetta è in difficoltà. 

 

“Se state calmi andiamo in Italia”

 

E' a questo punto che interviene attivamente la Marina militare italiana. Sul luogo del salvataggio, avvenuto in acque internazionali, convergono il pattugliatore Caio Duilio, impegnato nella missione Mare sicuro, e l'Asso 29. Secondo i documenti forniti dall'Augusta Offshore, il comandante del rimorchiatore riceve l'ordine di dirigersi sul posto direttamente da Tripoli, ma non dalle autorità locali, bensì da nave Caprera, un'unità della nostra Marina militare dislocata in Libia in teoria con compiti di “nave officina”, nei fatti come intermediario fra autorità libiche e italiane per gli interventi di salvataggio in mare. L'Asso 29 raccoglie i migranti a bordo e un ufficiale della Guardia costiera libica sale a bordo. “Tranquillizza tutti i naufraghi e promette loro che, se si fossero comportati bene, la nave si sarebbe diretta in Italia – racconta l'avvocato Crescini – Ma dopo una notte di navigazione, l'Asso 29 si presenta davanti al porto di Tripoli”. 

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Il silenzio di Oim e Unhcr

 

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Ad aggravare le dinamiche del respingimento c'è il ruolo quantomeno dubbio – come spiegato dall'Asgi – delle organizzazioni internazionali che accolgono i migranti a terra. “Una volta al porto, i naufraghi sono stati interrogati e identificati sia dall'Oim sia dall'Unhcr. Ma nessuna delle due agenzie dell'Onu ha mai denunciato il respingimento – dice Saltalamacchia – Anzi: a precisa richiesta di collaborare nella ricostruzione degli eventi ha sempre rifiutato”. 

 

Un sistema o un caso sporadico?

 

Per gli avvocati si tratterebbe di una tacita connivenza delle organizzazioni internazionali a quello che hanno definito “un sistema, piuttosto che un caso sporadico. Un sistema la cui sussistenza dovrà ora essere provata dalla giustizia”. Oggi c'è solo il capitano dell'Asso 29 a rischiare la condanna – per ora sono state chieste azioni risarcitorie e di inibizione – mentre le autorità italiane hanno rigettato ogni responsabilità, accusando a loro volta la Augusta Offshore. All'epoca dei fatti, i ministeri coinvolti erano quello della Difesa e quello delle Infrastrutture. In questi due anni di indagini, sia l'ex ministro Danilo Toninelli, sia il suo successore Paola De Micheli, hanno sempre negato la condivisione di documenti utili alle indagini. Eppure, in questi anni di disimpegno italiano dal Mediterraneo centrale, la compagnia privata – insieme alle navi umanitarie – aveva compiuto diversi salvataggi di migranti contribuendo a salvare centinaia di vite. Potrebbe essere la dimostrazione che “il tentativo di esternalizzare la gestione dei migranti”, come ha commentato il deputato del Pd Erasmo Palazzotto, affidandola alla Libia e ai privati, rischia di diventare un gioco pericoloso in cui nessuno, Italia in primis, ha più intenzione di assumersi alcuna responsabilità.

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