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ciao ciao bilocali pulciosi

Toh, persino i millennial investono nel mattone

Simonetta Sciandivasci

Anche se i prezzi aumentano, ora i giovani vogliono accasarsi. E possono farlo, perché per la prima volta nella loro vita, hanno fatto quello che gli italiani sanno fare meglio: risparmiare

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Si torna al mattone. Il trentaquarantenne che cominciava appena a smarcarsi dalla proprietà privata e fieramente proclamava di non essere padrone di un cazzo (perdonate la volgarità, è un omaggio al Don Sebastiano di Flavio Bucci) e lo faceva con piglio politico, dovrà ricredersi e anzi s’è già ricreduto. I millennial investiranno in viaggi, buon cibo e benessere (una cosa terribile, ricordiamolo, Fran Lebowitz l’ha definita “un eccesso di salute”), scriveva Bloomberg non molti anni fa, prevedendo un futuro di adulti giramondo dediti alla bio-conversione di tutto, vestiti di quattro stracci, allergici alla stanzialità professionale, sentimentale e domestica. I nuovi adulti dicevano ai vecchi adulti: voi avrete pure fatto la rivoluzione sessuale e i Led Zeppellin, ma alla fine avete acceso un mutuo e tirato su famiglia, mentre noi abbiamo rinunciato al posto fisso, inteso sia come lavoro sia come soluzione abitativa, i veri borghesi siete voi, è inutile che ci rimproverate perché a vent’anni ci preoccupiamo della pensione. Ricordate? Ieri si ragionava così, e guai a far notare che non era il caso di far troppo gli eroi dei beni immobili, dal momento che moltissimi trentaquarantenni vivevano di b&b, facevano gli albergatori disintermediati, impegnando le case delle nonne, vive o morte che fossero, o dei genitori, vivi o morti che fossero, assicurandosi così entrate più fisse e più copiose di quelle statali, e in molti casi pure esentasse.

 

La pandemia ha cambiato tutto, naturalmente. Il labile e molto formale ribellismo del millennial alla prova della pandemia s’è ritratto come l’anemone marina, che fa la spavalda nei mari e però appena la tocchi si rintana in se stessa e si fa subito casa, e così la voglia di appartamento è tornata. Non bilocali pulciosi, ma appartamenti, case vere, con il salotto, il corridoio, la cucina, la stanza da letto, perfino il balcone. I giovani pensano ad accasarsi e possono farlo anche perché, per la prima volta nella loro vita, hanno fatto quello che gli italiani, nella storia, hanno fatto meglio: hanno risparmiato. Scriveva ieri l’altro Repubblica che Azimut, una società che si occupa di consulenza e gestione patrimoniale, si attende l’utile netto consolidato più alto della sua storia (tra i 375 e i 415 miliardi di euro). Il risparmiatore investe in case perché è storia e perché invecchia, certo, ma pure perché il futuro s’è fatto domestico, tutti temono che questa pandemia non sarà l’ultima e che la vita che verrà sarà un pendolo tra quarantena e coprifuoco, rosso e arancione, congiunti e affini, distanziamento e accentramento. L’immobiliare ha tenuto, faceva sapere ieri Immobiliare.it, evidenziando come siano cresciute le ricerche per sostituzione (del 33 per cento rispetto al 2019), innescando “un meccanismo che nell’ultima parte dell’anno ha contribuito a rallentare la crescita dei prezzi iniziata l’anno scorso, trend che probabilmente vedremo nei prossimi mesi. Chi vuole sostituire la sua casa ne possiede già un’altra da vendere e pur di migliorare il suo abitare in tempi rapidi è disposto a chiedere cifre più accessibili che agevolano così l’accesso alla casa a chi ne sta cercando una”.

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Il 2020, comunque, s’è chiuso con un aumento dei prezzi delle case del 2 per cento – nel nord-ovest addirittura del 5,2 e nel nord-est del 2,3. In città resta pressoché immutato il delirio: comprare costa il doppio e si vive da schifo, e con i teatri e i cinema e i ristoranti chiusi non c’è nemmeno la scusa della vita mondana, per godersi la quale si era disposti a vivere in topaie e/o a strapagare modeste casette di periferia. I piccoli centri, insieme al rientro dei cervelli, dovrebbero cogliere l’occasione, profumatissima e concretamente promettente, per farsi attrattivi abbastanza da richiamare o chiamare a sé adulti in cerca di sistemazione. Non è necessario, e di certo non è sufficiente, vendere case a un euro come a Sambuca di Sicilia, o contare sui pensionati olandesi come a Irsina in Lucania: non vorremo inaugurare una seconda ondata di orrendi b&b che hanno trasformato splendidi centri storici in dormitori di servizio dove per ogni ospite ci fosse almeno un cesso e che ora sono case fantasma che non comprerebbe nemmeno un boomer.

 

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