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Caso Regeni

Il legionario vanitoso

Giuliano Ferrara

Su Regeni gli interlocutori sono in Italia, non in Francia. Legion d’onore restituita e banalità del modello Augias

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Bisognerebbe assicurarsi che la restituzione della Legion d’onore per protesta contro il suo conferimento a al Sisi non sia un atto di vanità. Ho visto in tv lo scrittore ribelle con una faccia piena di compunzione, due occhi simili a palle lesse, parlava di un colloquio amaro e cordiale con l’ambasciatore, aggiungeva di essere consapevole che si tratta, quanto alla restituzione di un’onorificenza dello stato francese, di un gesto inutile e sentimentale. Affettare amarezza, cordialità, inutilità e sentimentalismo quanto alla vanità mette in sospetto. Se poi l’affettatore si chiama Corrado Augias, il sospetto raddoppia di peso. Ma chi sono io per giudicare?

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Bisognerebbe assicurarsi che la restituzione della Legion d’onore per protesta contro il suo conferimento a al Sisi non sia un atto di vanità. Ho visto in tv lo scrittore ribelle con una faccia piena di compunzione, due occhi simili a palle lesse, parlava di un colloquio amaro e cordiale con l’ambasciatore, aggiungeva di essere consapevole che si tratta, quanto alla restituzione di un’onorificenza dello stato francese, di un gesto inutile e sentimentale. Affettare amarezza, cordialità, inutilità e sentimentalismo quanto alla vanità mette in sospetto. Se poi l’affettatore si chiama Corrado Augias, il sospetto raddoppia di peso. Ma chi sono io per giudicare?

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In dissenso dal comportamento gradasso di Sarkozy, radunammo un trecento persone a Piazza Farnese e tenemmo un comizio patriottico che gli rovinò una bella festa mondana, forse c’era anche Augias tra gli invitati, immagino i suoi commenti inutili, amari, cordiali e sentimentali su quegli straccioni di berlusconiani che non volevano l’Italia presa a pesci in faccia. Il potere esecutivo, con i suoi tenutari pro tempore, è una cosa, lo stato francese, la République, un’altra. Le onorificenze bisogna come i premi sapersele non meritare, ma questo è ancora un altro discorso. Una volta esaurita la voluttà di destino e di importanza che l’onore octroyée di una grande nazione comporta, ecco il momento di riflettere.

 

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Macron ha trattato bene al Sisi, anche noi gli abbiamo venduto le fregate, e l’Eni lo tiene per onorato a prescindere. Con la differenza che Regeni era un cittadino italiano e se uno volesse prendersela con uno stato per non aver trovato timbro e tono giusti di voce nell’affaire del suo omicidio e tortura in carcere al Cairo, quattro anni fa, c’è qui il governo italiano che questo stato rappresenta all’estero con il suo corteggio di commercio, diplomazia, legami. Fa meno fino, ma impegna di più un atto di lotta civile rivolto al vero interlocutore, meno simbolico inutile cordiale amaro e sentimentale.

 

I parà di Massu torturarono gli algerini, e i gas italiani in Abissinia non fecero da meno, gli stati sono per natura colpevoli, Agostino d’Ippona li definiva magna latrocinia. Quando ci si lascia appuntare sul petto una patacca di grido, almeno per noi impresentabili, che in realtà ha un significato nobile e proviene da un paese che ha avuto quaranta re e svariate altre incarnazioni della royauté anche nella forma repubblicana, un pensierino meno rachitico e asfittico e personale bisognerebbe dedicarlo all’evento che richiama liberté, égalité, fraternité.

 

Ma l’intellettuale italiano medio è ingordo di onori e indisponibile a far fronte al loro peso in modo adeguato. Infatti ha una personalità leggera, evanescente, frivola. Consiglierei all’ambasciatore francese, con le scuse di un amante dello stato che non tradisce ma non accetterebbe mai cariche e onori,  di non fare troppo conto del gesto di uno scrittore e giornalista (coppia impareggiabile di definizioni banali) che cede ai suoi impulsi più levantini (furbizia levantina) invece di porsi seriamente il problema di una protesta politica persuasiva e utile, non sentimentale e non cordiale, soprattutto non amara. 

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