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Chi è Federico Maurizio D'Andrea, il possibile nuovo commissario alla Sanità in Calabria

Fabio Massa

Dopo la rinuncia di Eugenio Gaudio spunta il nome del manager calabrese trapiantato a Milano. Due lauree, enfant prodige della finanza, ex presidente di Sogei, un passaggio nelle partecipate. Garantista convinto. Un ritratto 

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Il suono del tintinnar di manette Federico Maurizio D'Andrea l'ha sempre odiato. "Vedete, il garantismo è una cosa seria", dice agli amici, magari mentre si ritrova nel suo ristorante preferito di piazza Cavour a Milano, quel "Camillo Benso" a due metri dal "Palazzo dei Giornali" (dal quale sono andati via da anni). "Una cosa seria", ripete. E scuote la testa deciso, schifato da come viene gestito il linciaggio mediatico. Ormai con il gestore del "Benso" sono amici, lui se ne va in un posto appartato e chiacchiera fitto, meglio se nel piatto c'è un'ottima parmigiana. "Non è come quella della mamma, però è molto buona", dice. E allora il titolare arrossisce di piacere. D'Andrea ci tiene, al garantismo. E questa cosa è già di per sé una stranezza. Perché uno si immagina che avrebbe avuto una qualche tendenza "davighiana" e manettara, essendo stato l'uomo più vicino a Francesco Saverio Borrelli durante la stagione del pool di Mani Pulite. E invece no.

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Il suono del tintinnar di manette Federico Maurizio D'Andrea l'ha sempre odiato. "Vedete, il garantismo è una cosa seria", dice agli amici, magari mentre si ritrova nel suo ristorante preferito di piazza Cavour a Milano, quel "Camillo Benso" a due metri dal "Palazzo dei Giornali" (dal quale sono andati via da anni). "Una cosa seria", ripete. E scuote la testa deciso, schifato da come viene gestito il linciaggio mediatico. Ormai con il gestore del "Benso" sono amici, lui se ne va in un posto appartato e chiacchiera fitto, meglio se nel piatto c'è un'ottima parmigiana. "Non è come quella della mamma, però è molto buona", dice. E allora il titolare arrossisce di piacere. D'Andrea ci tiene, al garantismo. E questa cosa è già di per sé una stranezza. Perché uno si immagina che avrebbe avuto una qualche tendenza "davighiana" e manettara, essendo stato l'uomo più vicino a Francesco Saverio Borrelli durante la stagione del pool di Mani Pulite. E invece no.

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Dal 1977 al 2007 è nella Guardia di Finanza, ed è uno degli enfant prodige assoluti. Sarebbe diventato comandante generale, azzarda qualcuno. Si congeda con il grado di colonnello e si butta nel settore privato. Uomo di garanzia, lo chiamano. E competente, pure, perché ha due lauree: una in Economia e Commercio alla Sapienza di Roma e l'altra in Giurisprudenza a Perugia. Nell'anno in cui esce dalla finanza diventa direttore dell'audit del Gruppo Telecom Italia. Poi diventa presidente di Sogei con Giulio Tremonti al Mef. Ma non sono nomine politiche, perché la carriera di D'Andrea continua, come quella di un buon tecnico, con qualunque governo e amministrazione locale. Nel 2006 con Francesco Saverio Borrelli indaga su calciopoli. Nel 2015 con Giuliano Pisapia viene scelto per l'OdV di Milanosport, nel 2016 con Beppe Sala per l'OdV di MM Spa (la vecchia Metropolitana milanese). Il 27 luglio diventa componente della Commissione per la Trasparenza e Legalità del Comune di Milano. Il presidente è il suo amico e mentore Gherardo Colombo, l'uomo a cui è più legato, l'uomo che ammira. Niente tintinnar di manette, ma legalità, e reputation. Della commissione D'Andrea è l'anima e il braccio, mentre Colombo ci mette la faccia e le idee. Lascia un anno fa.

 

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Non c'è solo il Comune di Milano. Ma anche le partecipate: è presidente di Amsa, gruppo A2A. C'è la Fondazione Fiera Milano, dove è presidente dell'OdV. Per capire come la pensa davvero D'Andrea bisogna scandagliarne l'animo scandalizzato di fronte al linciaggio mediatico dell'epoca Covid contro chiunque abbia avuto un po' di responsabilità. E un titolo del suo ultimo contributo, che manda via whatsapp agli amici, al Sole 24 Ore: "Giustizia, atti dovuti e tutela dell'individuo". Sarebbe stato meglio: "Il dilemma dell'azione penale obbligatoria". Dentro un concetto importante: l'obbligatorietà dell'azione penale talvolta è cieca di fronte alle circostanze di tempo e luogo". L'ultimo quesito è che cosa c'entri D'Andrea con la Calabria. Basta parlarci due minuti e lo si capisce: ci è nato ma soprattutto permea tutto il suo agire. Duro, deciso, implacabile. Divisivo, per certi versi, incapace di scendere a compromessi. Calabrese, insomma. Se sarà l'uomo giusto per la Calabria, però, è tutto da vedere. Per adesso filtrano informazioni discordanti sulla partita post Gaudio. Potrebbe essere lui, o potrebbe essere che la sanità in Calabria la commissaria Emergency. Chissà. Lui sembra pronto.

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