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1929-2020

Il gesuita della politica Sorge

Maurizio Crippa

Padre Bartolomeo Sorge, direttore della Civiltà Cattolica prima e poi animatore della "Primavera di Palermo" che portò Leoluca Orlando a sindaco della città, è stato una delle personalità cattoliche più influenti, in politica, della Prima Repubblica. E contribuì non poco a sfasciarla

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Pungente fino allo scoccare dei suoi 91 anni, la scorsa settimana, ancora imbracciava Twitter come un mitra, o come “un contrabbasso che ti spara sulla faccia / quel che penso della vita”. Perché era un uomo colto ma che non le mandava a dire. A proposito del suo confratello gesuita e Papa, aveva scritto: “Tanto rumore per nulla! E’ pacifico da tempo che i diritti personali degli omosessuali (sia singoli, sia in coppia) vanno tutelati dallo stato. Ma l’unione civile non è matrimonio”. Pochi mesi prima era finito in una shitstorm per un altro cinguettio: “Sfido chiunque a negare il fatto che la diffusione del virus in Italia sia cominciata non da un porto riaperto ai naufraghi, ma dalla regione più ricca”. Non ce l’aveva con Milano che amava e dove ha a lungo vissuto: s’era fatto trascinare dal suo antisalvinismo integrale. Quello che l’aveva fatto esplodere due anni fa: “La mafia e Salvini comandano entrambi con la paura e l’odio, fingendosi religiosi. Si vincono, resistendo alla paura, all’odio e svelandone la falsa pietà”. Salvini rispose come manco un Toti: “Neanche l’età avanzata giustifica certe idiozie”. 

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Pungente fino allo scoccare dei suoi 91 anni, la scorsa settimana, ancora imbracciava Twitter come un mitra, o come “un contrabbasso che ti spara sulla faccia / quel che penso della vita”. Perché era un uomo colto ma che non le mandava a dire. A proposito del suo confratello gesuita e Papa, aveva scritto: “Tanto rumore per nulla! E’ pacifico da tempo che i diritti personali degli omosessuali (sia singoli, sia in coppia) vanno tutelati dallo stato. Ma l’unione civile non è matrimonio”. Pochi mesi prima era finito in una shitstorm per un altro cinguettio: “Sfido chiunque a negare il fatto che la diffusione del virus in Italia sia cominciata non da un porto riaperto ai naufraghi, ma dalla regione più ricca”. Non ce l’aveva con Milano che amava e dove ha a lungo vissuto: s’era fatto trascinare dal suo antisalvinismo integrale. Quello che l’aveva fatto esplodere due anni fa: “La mafia e Salvini comandano entrambi con la paura e l’odio, fingendosi religiosi. Si vincono, resistendo alla paura, all’odio e svelandone la falsa pietà”. Salvini rispose come manco un Toti: “Neanche l’età avanzata giustifica certe idiozie”. 

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Padre Bartolomeo Sorge S.I., di persona affabile e mite, era del resto fatto così: un martello nel dibattito politico e una spada non particolarmente misericordiosa con gli avversari (politici ed ecclesiali, per lui pari erano: anzi spesso erano le stesse persone). Altrimenti non sarebbe stato per alcuni decenni, a partire dai turbolenti 70 e con una ripresa negli ultimi anni sovranisti, uno dei protagonisti della scena italiana. Uno degli uomini chiave nell’esplosione della Democrazia cristiana e in una battaglia feroce dentro la chiesa e il laicato politico cattolico – battaglie  anche straordinariamente ricche di idee e intuizioni, al confronto di quel niente che si vide poi nella Seconda Repubblica. Lasciata la direzione di Civiltà Cattolica nel 1985, fu Palermo il suo laboratorio di sperimentazione  politico-ecclesiale per dieci anni, dal 1986 al 1996, all’istituto di Formazione politica Pedro Arrupe, con padre Ennio Pintacuda. La Palermo dalle guerre di mafia e della politica che marciva assieme alla Dc. L’anno prima c’era stata la “svolta di Loreto” di Ruini, che imponeva ai cattolici un nuovo impegno unitario. Ma i cattolici da due decenni si sbranavano su divorzio, aborto, appoggio alla Dc o aperture al Pci, e i vescovi tacevano acquattati in un collateralismo di maniera e spompato. La pietra filosofale di padre Sorge fu l’antimafia. Sconfiggere la mafia e le collusioni per superare la Dc (e viceversa) e dare così uno scossone verso sinistra (oggi diremmo populista) a tutto il paese e alla chiesa-istituzione. In quella situazione storica, e per un decennio terribile per l’Italia, padre Sorge con i suoi gesuiti fu una delle poche voci cattoliche che oltre a farsi udire sapeva dettare l’agenda. E soprattutto fu quella che ottenne risultati pratici: la primavera di Palermo, l’invenzione della Rete e di Leoluca Orlando, l’ideologia dell’antimafia come nuova unificate dottrina nazionale. Debellare la mafia e debellare il sistema politico erano per i gesuiti di Palermo lo stesso obiettivo. Un ruolo interventista e anche di supplenza, perché la Dc non sembrava aver più nulla da dire. Gli sfasciacarrozze della Seconda e soprattutto della Terza Repubblica dovrebbero ringraziare Sorge per certe sue intuizioni. 

 

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In realtà, per capire quanto e perché il gesuitismo arrupista di padre Sorge abbia pesato nella chiesa e nella politica italiane bisognerebbe tornare indietro ancora, di un decennio e più. A metà degli anni 70, quando per alcuni momenti (dopo il disastro del referendum sul  divorzio) sembrò che le componenti laiche della chiesa si potessero e dovessero riaggregare per portare nuova linfa alla società italiana: la famosa stagione della “ricomposizione dell’area cattolica” di cui il direttore e politologo della Civiltà Cattolica fu protagonista.  Sigle storiche e nuovi movimenti, correnti neo o post democristiane, la Lega Democratica da cui nasceranno due decenni dopo i “cattolici adulti”, intellettuali e giornalisti si incontrarono, misurarono, soprattutto si scontrarono su visioni assai differenti rispetto al destino della Balena bianca e al modo di essere intervenire sulla scena pubblica. La “presenza” o la “mediazione”, per chi se le ricorda. Finì in una totale incomprensione, Sorge andò a Palermo e vinse qualcuna delle sue battaglie con vista a sinistra. Il resto della chiesa si schierò dall’altra parte, con Ruini, ma dovette attendere la fine della Prima Repubblica, propiziata anche da Sorge, per prendersi un posto al sole. Intanto la “secolarizzazione di basso profilo”, come la chiamava un altro protagonista di quegli anni, Pietro Scoppola, avanzava galoppando.

 

Bartolomeo Sorge era nato a Rio Marina, Isola d’Elba, nel 1929; è morto ieri all’Aloisianum di Gallarate, la casa per i gesuiti anziani dove morì anche il cardinale Martini.

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