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Cosmopolitics

In America arriva un recovery plan rivoluzionario e i repubblicani litigano per l’ex

L’America non ha più paura di spendere, il governo democratico ha deciso di introdurre uno stimolo anti pandemia gigantesco. E i conservatori? Fanno i conti con Trump

Paola Peduzzi

L’America non ha più paura di spendere, il governo democratico ha deciso di introdurre uno stimolo anti pandemia gigantesco, più del doppio di quello che adottò l’ultimo degli spendaccioni, Barack Obama, e il Congresso lo ha votato e i media conservatori, fatta eccezione per il Wall Street Journal, non hanno quasi detto niente. Siamo passati da un sentimento molto liberale – lo stato va bene ma a giusta distanza — a il suo contrario: ehi stato, devi aiutarmi

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L’America non ha più paura di spendere, il governo democratico ha deciso di introdurre uno stimolo anti pandemia gigantesco, più del doppio di quello che adottò l’ultimo degli spendaccioni, Barack Obama, e il Congresso lo ha votato e i media conservatori, fatta eccezione per il Wall Street Journal, non hanno quasi detto niente. Siamo passati da un sentimento molto liberale – lo stato va bene ma a giusta distanza — a il suo contrario: ehi stato, devi aiutarmi. I giornali lo chiamano “new consensus”, e c’è aria di passaggio d’epoca, con il quotidiano da sempre rigorista di Murdoch, il Wall Street Journal appunto, che invece definisce il piano da 1,9 trilioni di dollari, “the Covid welfare state”. I democratici, così divisi tra di loro e pronti (l’ala più radicale) a etichettare ogni misura sulla base delle loro fratture, hanno trovato una tregua: Bernie Sanders ha festeggiato questo recovery plan americano definendolo rivoluzionario. Però certo, è mancata l’opposizione dei conservatori, che sono nel mezzo della loro faida post trumpiana che assorbe tutte le loro energie.

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L’America non ha più paura di spendere, il governo democratico ha deciso di introdurre uno stimolo anti pandemia gigantesco, più del doppio di quello che adottò l’ultimo degli spendaccioni, Barack Obama, e il Congresso lo ha votato e i media conservatori, fatta eccezione per il Wall Street Journal, non hanno quasi detto niente. Siamo passati da un sentimento molto liberale – lo stato va bene ma a giusta distanza — a il suo contrario: ehi stato, devi aiutarmi. I giornali lo chiamano “new consensus”, e c’è aria di passaggio d’epoca, con il quotidiano da sempre rigorista di Murdoch, il Wall Street Journal appunto, che invece definisce il piano da 1,9 trilioni di dollari, “the Covid welfare state”. I democratici, così divisi tra di loro e pronti (l’ala più radicale) a etichettare ogni misura sulla base delle loro fratture, hanno trovato una tregua: Bernie Sanders ha festeggiato questo recovery plan americano definendolo rivoluzionario. Però certo, è mancata l’opposizione dei conservatori, che sono nel mezzo della loro faida post trumpiana che assorbe tutte le loro energie.

In realtà proprio Donald Trump era stato spesso duro nei confronti dei rigoristi che esistono nella famiglia conservatrice: non c’era un disegno specifico, come anche i repubblicani hanno scoperto nel tempo sulla loro pelle l’ex presidente faceva quel che gli pareva senza preoccuparsi delle reazioni di nessuno, di certo non dei “suoi”. Ma il semisilenzio dei repubblicani su un piano economico così importante e così definito (il deficit americano ora è già di 3,1 trilioni di dollari) è anche il frutto di un’altra dinamica che il commentatore Ezra Klein aveva definito così in un suo articolo sul New York Times: “Se riesci a controllare lo scontro, riesci a rafforzare le tue politiche”. Joe Biden è riuscito a maneggiare lo scontro dentro al Partito democratico, anche perché comunque ha voluto uno stimolo che non si vedeva dai tempi di Lyndon Johnson.

I repubblicani invece non riescono a maneggiare il loro, e questo come accade quando si litiga in famiglia o tra amici o tra alleati, li rende più fragili. I talk show più importanti di Fox News, l’emittente che è diventata il termometro delle ossessioni dei repubblicani, si sono dedicati molto di più alla cancel culture (in particolare alla sospensione di alcuni libri per ragazzi di Dr Seuss perché considerati, con gli occhi e la suscettibilità di oggi, razzisti) che al recovery plan, o al limite della presenza non confermata dall’Fbi di antifà alla manifestazione che portò poi all’assalto al Congresso il 6 gennaio. La leadership del Partito repubblicano ogni giorno ha intanto qualche nuovo dispetto interno da governare. Tra le liti più divertenti c’è quella tra Donald Trump e i vari apparati del partito: l’ex presidente non vuole che il suo nome venga utilizzato per vendere tazze o magliette (con cui si tirano su soldi), visto che i repubblicani sono un covo di traditori. Invece continuano a circolare le t-shirt con scritto “Trump supporters only” e varie declinazioni del tema: vi manco già eh? Mentre va in scena questa ultima versione, tutta repubblicana, di convivenze difficili con l’ex, sta cambiando faccia l’America.

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