PUBBLICITÁ

Londra e il negoziato

Il test Brexit di Mr. Starmer

Fare opposizione, accettare la sconfitta, astenersi. I calcoli del leader del Labour, mentre gli altri negoziano (e con l'effetto Bridget Jones)

Paola Peduzzi

Johnson ha una grande maggioranza e quindi non dovrebbe avere alcun bisogno del Labour, ma questo rende la posizione di Starmer ancora più delicata, perché si ritrova occhi negli occhi con i suoi parlamentari e i suoi elettori e deve dire che cosa pensa della Brexit. E come sta diventando sua consuetudine, Starmer è tentato dalla via meno dolorosa: l’astensione

PUBBLICITÁ

Anche per Keir Starmer è arrivato il test della Brexit: era inevitabile, succede a tutti i leader politici britannici da quattro anni in qua. Starmer arriva al suo momento-Brexit con qualche rimasuglio di luna di miele con la stampa e con gli elettori, tesoretto importante in questa fase, ma soprattutto con un pettegolezzo che ha dato un colore diverso alla sua leadership tutta centrismo, moderazione, serietà. S’è sparsa la voce che Mr. Darcy, l’avvocato di cui è innamorata Bridget Jones nel suo famoso “Diario”, fosse ispirato proprio all’avvocato Starmer, e così ogni tanto qualcuno glielo chiede direttamente e lui risponde che non lo sa, che la domanda va posta a chi ha inventato Bridget, non a lui.  Helen Fielding ha infine risposto, ha detto che no, Starmer non è Mr. Darcy, ma ha comunque dato un colore inatteso al leader laburista dicendo: “Non l’ho mai incontrato, ma penso che i due siano molto simili. Starmer è così bravo, dignitoso e intelligente, ma pure parecchio abbottonato. Vorrei dirgli sempre: ‘Eddai, Keir, lasciati andare, scompigliati i capelli’. Lui non si crede sexy, ma lo è, è davvero sexy”.
Ecco, sexy Starmer ora deve affrontare il suo test sulla Brexit, invero poco seducente, anzi potenzialmente pericoloso. Perché l’accordo del governo conservatore di Boris Johnson pone un dilemma al Labour: appoggiarlo, respingerlo? Come si sa, Johnson ha una grande maggioranza e quindi non dovrebbe avere alcun bisogno del Labour, ma questo rende la posizione di Starmer ancora più delicata, perché si ritrova occhi negli occhi con i suoi parlamentari e i suoi elettori e deve dire che cosa pensa della Brexit. E come sta diventando sua consuetudine, Starmer è tentato dalla via meno dolorosa: l’astensione.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Anche per Keir Starmer è arrivato il test della Brexit: era inevitabile, succede a tutti i leader politici britannici da quattro anni in qua. Starmer arriva al suo momento-Brexit con qualche rimasuglio di luna di miele con la stampa e con gli elettori, tesoretto importante in questa fase, ma soprattutto con un pettegolezzo che ha dato un colore diverso alla sua leadership tutta centrismo, moderazione, serietà. S’è sparsa la voce che Mr. Darcy, l’avvocato di cui è innamorata Bridget Jones nel suo famoso “Diario”, fosse ispirato proprio all’avvocato Starmer, e così ogni tanto qualcuno glielo chiede direttamente e lui risponde che non lo sa, che la domanda va posta a chi ha inventato Bridget, non a lui.  Helen Fielding ha infine risposto, ha detto che no, Starmer non è Mr. Darcy, ma ha comunque dato un colore inatteso al leader laburista dicendo: “Non l’ho mai incontrato, ma penso che i due siano molto simili. Starmer è così bravo, dignitoso e intelligente, ma pure parecchio abbottonato. Vorrei dirgli sempre: ‘Eddai, Keir, lasciati andare, scompigliati i capelli’. Lui non si crede sexy, ma lo è, è davvero sexy”.
Ecco, sexy Starmer ora deve affrontare il suo test sulla Brexit, invero poco seducente, anzi potenzialmente pericoloso. Perché l’accordo del governo conservatore di Boris Johnson pone un dilemma al Labour: appoggiarlo, respingerlo? Come si sa, Johnson ha una grande maggioranza e quindi non dovrebbe avere alcun bisogno del Labour, ma questo rende la posizione di Starmer ancora più delicata, perché si ritrova occhi negli occhi con i suoi parlamentari e i suoi elettori e deve dire che cosa pensa della Brexit. E come sta diventando sua consuetudine, Starmer è tentato dalla via meno dolorosa: l’astensione.



Starmer parte da un dato di fatto: la Brexit si fa. Dura, soffice, con dazi, senza dazi, con il Kent che diventa il parcheggio del Regno oppure no, ma si fa. Questo processo non è più reversibile, si discute delle modalità, che sono importantissime, ma il Labour non partecipa ai negoziati con l’Unione europea, non ha voce in capitolo. Quindi può solo accettare quel che ottiene Boris Johnson oppure no. Se lo accetta, Starmer non fa il mestiere per cui è stato scelto: il leader dell’opposizione. Se lo rifiuta, Starmer potrebbe fare una dichiarazione valoriale forte che posiziona il Labour su una questione che però non è più materia di negoziato. Affermerebbe una cosa importante e da molte parti attesa, cioè che il Labour è anti Brexit, ma allo stesso tempo perderebbe quell’elettorato che è a favore della Brexit, o meglio sarebbe dire: che vuole mettere fine al tormento del divorzio, e andare oltre. Buona parte di quell’elettorato è passato già con i Tory alle elezioni di un anno fa, se il Labour vuole una chance per riprenderselo indietro non gli conviene fare campagne di valori in una battaglia già persa.


Per questo Starmer vuole astenersi, anche se molti parlamentari hanno già aperto le ostilità e se il popolo anti Brexit lo sta criticando molto. Un altro opportunista doveva capitarci? Dove sono finite le cose in cui crediamo, l’Europa, il mercato unico, le frontiere aperte? C’è chi vorrebbe spostarsi in Scozia – tutto ci tocca vedere – dove c’è una leadership molto forte, quella di Nicola Sturgeon, europeista pragmatica che sa gestire incertezze, pandemie, afflati indipendentisti e che accarezza il sogno di un altro referendum ma vuole prima consultare ogni istituzione possibile, ché in tutto il Regno senti “referendum” e chiedi pietà. La possibilità di un trasloco di massa sembra remota, così le critiche attorno a Starmer s’allargano alla categoria dei moderati, che come spesso accade sono attaccati da entrambi i lati: se si oppongono perché si oppongono, se collaborano perché collaborano. In ogni caso la posizione non è comoda, ancor più in un Parlamento che è stato schiantato dalla forza blu dei conservatori. Starmer segue la strada che forse più gli assomiglia, che è quella dell’astensione: si combattono solo le guerre necessarie, non tutte. Ed è forse questo il boccone più difficile da digerire: la Brexit non è più una guerra necessaria semplicemente perché è stata persa. Non solo dal Labour ma con tutta probabilità dal paese intero: quando sarà chiaro, quando l’effetto del divorzio si vedrà e non sarà soltanto una chiacchiera dolorosa che ci portiamo dietro da quattro anni, allora forse Starmer potrà essere decisivo. Sexy addirittura, se saprà offrire una politica di convivenza che non sia soltanto costosa.
 

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ