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-7 al 3 novembre

Perché molti americani non votano

Grandi aspettative sull'affluenza, viste le lunghe code. Un'indagine gela un po' gli animi: parla di stanchezza

Paola Peduzzi

Un elettore del Midwest che aveva votato l’ultima volta nel 2008 dice: quest’anno penso che andrò a votare, ma sono convinto che “se davvero il mio voto contasse, se davvero il nostro voto facesse la differenza, il governo non ci farebbe votare”. Il paradosso è che per rimettere in circolo un po’ di energia non resta che strillare nelle orecchie degli stanchi come delle sveglie: votate. 

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Si sta votando tantissimo in America, in anticipo come prevede la legge in molti stati, con file lunghe e facce determinate che tutti i commentatori stanno cercando di decifrare: chi ci guadagna, Donald Trump o Joe Biden? Vaticinare l’esito di questa affluenza preventiva è uno di quei lavori sfinenti che a pochi giorni dall’Election Day – e dal conteggio che chissà quanto si protrarrà, e in che stati – possiamo risparmiarci. Semmai è più interessante rispondere a una domanda collaterale rispetto all’early voting ma decisiva: perché molti americani, moltissimi, non vanno a votare? Il sito FiveThirtyEight assieme a Ipsos ha fatto un’indagine su questa questione, sul perché cioè tra il 30 e il 60 per cento degli americani, a seconda degli anni, decide di non andare a votare. La risposta non è univoca, perché ci sono molti fattori che incidono sull’astensione, alcuni contingenti altri invece molto profondi e strutturali. 

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Si sta votando tantissimo in America, in anticipo come prevede la legge in molti stati, con file lunghe e facce determinate che tutti i commentatori stanno cercando di decifrare: chi ci guadagna, Donald Trump o Joe Biden? Vaticinare l’esito di questa affluenza preventiva è uno di quei lavori sfinenti che a pochi giorni dall’Election Day – e dal conteggio che chissà quanto si protrarrà, e in che stati – possiamo risparmiarci. Semmai è più interessante rispondere a una domanda collaterale rispetto all’early voting ma decisiva: perché molti americani, moltissimi, non vanno a votare? Il sito FiveThirtyEight assieme a Ipsos ha fatto un’indagine su questa questione, sul perché cioè tra il 30 e il 60 per cento degli americani, a seconda degli anni, decide di non andare a votare. La risposta non è univoca, perché ci sono molti fattori che incidono sull’astensione, alcuni contingenti altri invece molto profondi e strutturali. 

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Ci sono tre tipi di elettori: quelli che votano quasi sempre, quelli che votano ogni tanto, quelli che non votano quasi mai o non hanno mai votato. Il profilo di quest’ultima categoria è piuttosto preciso: solitamente si tratta di persone con un reddito basso, giovani, non molto istruite, e che dicono di non appartenere né ai democratici né ai repubblicani. Questi sono i disillusi e disaffezionati più difficili da convincere perché pensano la cosa più terribile che si possa pensare in una democrazia: il mio voto non conta.

 

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Il problema è che questo sentimento – il mio voto non conta – si declina in varie forme diverse anche nelle altre due categorie, dove si frappongono ulteriori barriere in un sistema, quello americano, che anche chi ha condotto l’indagine definisce poco incoraggiante: “Il nostro sistema non rende particolarmente facile andare a votare” (è il motivo per cui l’ex presidente Barack Obama ha chiesto di recente una riforma del sistema di voto inquadrandola in una battaglia per i diritti, come fu la legge che diede i diritti ai neri negli anni Sessanta). Tra le barriere ci sono anche le file che oggi guardiamo con grandi speranze, ma anche altre ragioni, come non riuscire a uscire dal lavoro in tempo, non trovare il seggio, aver perso la data ultima per la registrazione al voto, non avere i documenti in ordine.  In particolare neri e ispanici segnalano che un motivo di dissuasione è proprio l’assenza di seggi per votare comodi, il che vuol dire dover stare più tempo in fila perché ci sono meno posti a disposizione, e una perdita di tempo che mal si concilia con il lavoro e/o la famiglia. Molti sostengono che già rendere il giorno delle elezioni un giorno di festa sarebbe di grande aiuto, ma chi vota qualche volta o non vota quasi non riesce a individuare una riforma che potrebbe essere decisiva per aumentare l’affluenza. Perché le barriere certo sono scoraggianti, ma il punto è quell’altro, quello più triste di tutti, cioè l’idea che il proprio voto non conti. Anzi, una studentessa della Virginia che ha già votato in passato dice che non voterà quest’anno pur essendo più vicina ai progressisti e pur detestando l’attuale presidente: non votare, dice, è il messaggio più forte che si può dare. Ma se così Trump viene rieletto? I democratici capiranno che “siamo stanchi di avere candidati con cui non siamo d’accordo”, risponde. Guardando le dichiarazioni dei politici democratici che pure non nascevano naturalmente vicini a Biden – come la deputata Alexandria Ocasio-Cortez – questa dinamica sembra per lo più scongiurata: lei come molti altri ricorda che in questo momento vince solo l’unità di tutto il popolo democratico. Ma elettori come la studentessa della Virginia ci sono ancora: sembrano immuni alla campagna di mobilitazione messa in campo soprattutto dal Partito democratico (“just vote” è di fatto lo slogan elettorale più forte della compagine guidata da Biden).  

 

Questa sfiducia potrebbe essere quest’anno più contenuta ed è il motivo per cui molti sostengono che, a giudicare da quante persone hanno già votato, l’affluenza totale sarà da record. Ma un elettore del Midwest cinquantenne che aveva votato l’ultima volta nel 2008 dice: quest’anno penso che andrò a votare, ma sono convinto che “se davvero il mio voto contasse, se davvero il nostro voto facesse la differenza, il governo non ci farebbe votare”. Questa sfiducia rientra in quella che alcuni politologi chiamano “stanchezza democratica”: il paradosso è che per rimettere in circolo un po’ di energia non resta che strillare nelle orecchie degli stanchi come delle sveglie: votate. 

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