Maneggiare le donne in copertina non è facile. Il caso von der Leyen

Paola Peduzzi

La nomina del nuovo capo della Commissione europea, un po' Wonder Woman un po' coniglietta

Il primo a parlare del “coniglio nel cilindro” è stato il leader dei liberali tedeschi, Christian Lindner: commentava così la nomina a capo della Commissione europea di Ursula von der Leyen, questa sconosciuta tirata fuori dal nulla – una magia – in una nottata bruxellese di quelle da sfinimento. E’ bastato un attimo, un riferimento, ed ecco che sulla copertina dell’edizione domenicale della Faz c’è l’arte dell’illusionismo, una mano sul cilindro nero e un’altra che tiene le orecchie di un coniglio, anzi di una coniglietta, capelli corti e biondi, vestito corto e nero (e attillato), tacchi a spillo, coda a pon pon, e in mano una bandierina dell’Europa. La coniglietta Ursula, maneggiata dal mago Emmanuel Macron, il regista di questo numero da illusionisti: ecco com’è diventata, in pochi giorni, la storia della von der Leyen.

 

Le donne da copertina sono difficili da gestire, qualunque cosa si faccia qualcuno si indigna, certo. La Frankfurter Allgemeine ha optato per la versione Wonder Woman, la ministra della Difesa tedesca vola con la maglietta blu Europa e gli orecchini di perla sul titolo: “Le probabilità sono buone”, che viene quasi da toccare ferro, visto che la battaglia della conferma sembra parecchio dura. Wonder Woman batte naturalmente la coniglietta (che con quel sapore da Marlene Dietrich dice pure qualcosa sull’immaginario erotico-storico tedesco), ma anche il New York Times, in un articolo-ritratto pubblicato nel fine settimana, cade in questa trappola malefica che è: raccontare le donne al potere. “Molti dei critici più espliciti della von der Leyen – scrive Katrin Bennhold sul New York Times – sono uomini che hanno avuto meno successo di lei”. Peccato che poi la frase più perfida che viene citata è quella di una donna.

 

Quando nel 2005 la carriera politica della von der Leyen stava diventando nazionale (ha fatto a lungo il mestiere per cui ha studiato: la ginecologa) e la cancelliera Angela Merkel la chiamò dalla Bassa Sassonia per entrare nel suo governo, la ormai ex moglie di Gerhard Schröder, Doris, disse: “Perché la von der Leyen ha fatto sette figli se non è mai a casa?”. La nominata alla presidenza della Commissione ha passato tutta la vita a doversi giustificare di questo gran numero di figli, come se fosse una colpa e non una scelta personale (ci si potrà fidare di una che ha fatto sette figli? La risposta sta nella consapevolezza del pregiudizio, come dice Meryl Streep a Reese Witherspoon nella seconda stagione di “Big little lies”: “Ho imparato a non fidarmi mai delle persone basse”). Semmai andrebbe chiesto alla von der Leyen com’è che due figlie si chiamano Maria Donata e Gracia Diotima e un figlio Egmont, ispirato a Goethe. Ma forse è meglio non indagare troppo, ché la risposta c’è già: vezzi da gente nobile, visto che nobile è il marito, e pazienza se è anche un riconosciuto ricercatore di cellule staminali, è pur sempre uno che vive dei soldi di famiglia, fatti con il commercio di seta, è pur sempre il marito di una coniglietta con sette figli.

 

Non se ne esce mai bene, con queste signore da copertina che nemmeno le femministe sanno bene come trattare, perché la von der Leyen è una conservatrice molto ferma sui valori della famiglia, non un gran simbolo da sbandierare, anche se è a favore del matrimonio gay e pure dell’adozione da parte di coppie gay, e anche se ha fatto sì che per la prima volta in Germania pure ai padri fosse concesso di prendere un congedo dal lavoro alla nascita dei figli. Nobile, ricca, poco popolare eppure liberale sui diritti: la trappola è mortale, non si può che finire con una coniglietta uscita quasi per sbaglio, o per errore, da un cilindro. Contro la depressione dalla lettura dei giornali tedeschi per una volta un po’ di sollievo si è trovato in America (non capita spesso, da ultimo): dopo aver sentito maschi lamentarsi di quanto sia lento-noioso il calcio femminile, ci siamo godute le corse in spiaggia seminuda della star del football statunitense, la “purple lady” Megan Rapinoe, immortalata da Sport Illustrated, e soprattutto quel coro da stadio che finalmente anche noi femmine abbiamo capito, conigliette o no: pagateci come i maschi, poi se volete ne riparliamo, dei cilindri e dei poteri magici.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi