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La Brexit fa tremare, ma come dice il saggio: non basta l’irritazione per porre fine a un matrimonio

Paola Peduzzi
Andiamo, restiamo, se restiamo, a che prezzo? La Brexit sì-no-forse è il paradigma di un matrimonio che si fonda su regole stabilite in un tempo remoto – ottenute con borsettate potenti – che si sono consumate ma non abbastanza per lasciarsi senza rimpianti.
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Andiamo, restiamo, se restiamo, a che prezzo? La Brexit sì-no-forse è il paradigma di un matrimonio che si fonda su regole stabilite in un tempo remoto – ottenute con borsettate potenti – che si sono consumate ma non abbastanza per lasciarsi senza rimpianti. Ora che tutti dicono la loro, cosa che sui matrimoni non bisognerebbe mai fare, sembra che non ci sia spazio per un addio, o forse che ce ne sia talmente tanto che è quasi meglio rimanere assieme, almeno per evitare la valanga di “io l’avevo detto” in arrivo. David Cameron guida la battaglia anti Brexit con piglio liberale, lascia ai suoi ministri libertà di coscienza salvo poi appropriarsi di toni minacciosi che non gli si addicono, preso com’è dall’ansia di mostrarsi aperto – in fondo è lui che ha deciso di fare il referendum, dentro o fuori, chissà se si è già pentito – e allo stesso tempo di non doversi accollare la responsabilità di diventare il premier che ha fatto uscire il Regno Unito dall’Unione europea. Il mondo dei commentatori, dei politici, degli attivisti, dei banchieri, degli imprenditori inglesi è già pronto alla battaglia, l’unico che non sembra mai pronto è Cameron, che sta negoziando freneticamente con la riottosa Bruxelles, e sa che questa è la parte facile del lavoro: poi, qualunque sia l’esito, bisognerà essere bravi a rivendere qualsiasi risultato a un’opinione pubblica che sull’Europa non ama farsi prendere in giro. Per questo il premier sta posizionado i pesi massimi del suo progetto, quelli facili da controllare e quelli che invece sono incontrollabili da sempre. Il Sunday Times raccontava domenica che Cameron ha un piano segreto (sarà almeno il decimo cosiddetto piano segreto che conoscono tutti): ha chiesto a Michael Gove, oggi ministro della Giustizia, di costituire una corte che assomigli a quella tedesca e che permetta in ultima istanza di rigettare imposizioni provenienti dall’Ue. La sovranità britannica, tanto cara agli euroscettici, sarà così salvaguardata. Il problema è che questa è un’idea descritta un anno fa da Boris Johnson, sindaco di Londra che non ha ancora deciso da che parte stare nella battaglia sulla Brexit (dicono che sta aspettando di capire se Cameron finisce schiacciato dal dibattito, quando vede il sangue Boris è capace di tutto, soprattutto se è sangue utile a una sua eventuale corsa per la premiership, sogno malcelato di sempre), e che Cameron aveva inizialmente scartato. Dover ammettere che aveva ragione l’amico-nemico è una prova cui il premier non si vuole sottomettere, così manda avanti Gove, che è un ideologo nato e che da sempre si destreggia con arte tra le varie faide dentro al partito (la sua forza è che gli piace muoversi nell’ombra, è lì che mostra tutta la sua agilità). Il ministro della Giustizia deve fare da tramite tra Cameron e Johnson, lavoro infame ma che, se dovesse avere successo, potrebbe portare parecchi vantaggi, per tutti. Il primo è dissipare quel senso di disperazione che aleggia su Downing Street: pare che il premier abbia scatenato il suo guru Oliver Letwin con il mandato preciso di trovare soluzioni legali per mantenere il matrimonio e mantenere anche popolarità – equazione che i sondaggi oggi fanno sembrare improbabile, anche se dei sondaggi non si fida più nessuno: a proposito, mercoledì esce il risultato di un’inchiesta che spiegherà com’è che alle elezioni di maggio tutte le previsioni fossero sbagliate, sarà fatta giustizia – ma Letwin si aggira con aria nervosa senza ancora nulla in mano. L’unica buona notizia è che ad aiutare Cameron come capo della campagna dei Tory per restare nell’Ue ci sarà Nick Herbert, che 15 anni fa animò la battaglia che tenne fuori il Regno Unito dall’euro. Herbert è un convertito utile, e dice quel che vale davvero, per la Brexit e per i matrimoni: “L’irritazione non basta per porre fine a una relazione durata quarant’anni”.
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