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Arriva Carly Fiorina a togliere a Hillary il monopolio della prima donna, come se ne esistesse uno

Paola Peduzzi
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Anche i repubblicani americani ora hanno la loro candidata donna, già definita l’anti Hillary naturalmente, perché pure nella corsa presidenziale più bella del mondo la lotta nel fango di due signore globetrotter in età da rottamazione continua ad avere la sua rilevanza. Carly Fiorina, che è diventata una delle donne più influenti del mondo quando è stata nominata, alla fine degli anni Novanta, a capo di Hewlett-Packard, ha annunciato ieri la candidatura per il 2016, aggiungendosi alle già affollate primarie dei repubblicani. Ma lei è donna, la prima donna, e va dritta contro la star, per ora solitaria, del campo democratico, Hillary appunto. Sono più competente di lei è, in estrema sintesi, lo slogan della Fiorina, Hillary ha girato il mondo senza portare a casa risultati, mentre io l’ho girato freneticamente in modo molto più efficace: Carly usa l’argomento non-sono-un-politico con estrema spavalderia, e pazienza se ai più perfidi viene in mente la battuta “sono single. Sì, per scelta di un altro” – Fiorina aveva cercato di diventare senatrice in California nel 2010, ma non era riuscita a battere la democratica Barbara Boxer. I suoi detrattori sono convinti che la discesa in campo della Fiorina sia stata voluta dall’establishment conservatore con lo scopo unico di non lasciare troppo spazio a Hillary sui temi delle donne, come se ricerche su ricerche non avessero già dimostrato ampiamente che il voto delle donne non è poi così diverso da quello degli uomini. Ma è anche una faccenda di storytelling, ossessione delle campagne elettorali recenti, raccontare una storia d’effetto, dolore e successo insieme. La vita di Carly, che è nata nel 1954 in Texas, contiene tutto: la ribellione di quando si è iscritta alla scuola di Legge perché così voleva papà e dopo sei mesi si è ritirata, “avevo mal di testa tutti i giorni”, e si è messa a fare la segretaria, rispondeva al telefono, compilava moduli per i capi, come aveva già fatto anche quando studiava Storia medievale e Filosofia a Stanford (Usa Today dice che la Fiorina ha anche insegnato inglese a Bologna, prima di diventare venditrice di AT&T, dove è iniziata la sua carriera). Il dolore di non aver avuto figli, “si vede che non era nei piani di Dio”, ha detto, e poi di aver visto morire, a 35 anni, Lori, la figlia del matrimonio precedente di suo marito Frank, che lei aveva cresciuto come se fosse sua. In quello stesso anno, il 2009, anno terribile, alla Fiorina era stato diagnosticato un cancro al seno, due settimane dopo che l’ultima mammografia aveva stabilito che tutto era a posto: mastectomia, chemioterapia, capelli corti color argento, a lungo marchio di forza della manager che iniziava a fare politica, “questo non è il look di una radicale di estrema sinistra, questo è il look di una sopravvissuta”. C’è poi il successo della segretaria che cresce prima a AT&T – dove ha trovato anche il secondo marito, “la gioia della mia vita, e io lo sono della sua”, ha detto lei sicura parlando di Frank, che prima di diventare manager guidava camion con il rimorchio – e poi a Hewlett-Packard, dove la Fiorina ha conquistato il posto di donna manager di successo fino alla fine non proprio gloriosa: nel 2005, dopo che la fusione con Compaq non era andata secondo i piani, il board di Hewlett-Packard la fece fuori, dopo una feroce campagna di leak organizzata attraverso il Wall Street Journal.
Da allora Carly si è occupata di politica, in proprio e per conto di John McCain nel 2008, fa la commentatrice su Fox News, è adorata da una parte dei conservatori – Bill Kristol, direttore del magazine neocon Weekly Standard, ha tuìttato un mesetto fa che ci voleva proprio una candidatura di Carly – mentre cerca di smarcarsi dai precedenti, primo fra tutti quello di Sarah Palin. Perché per ora la competizione è una faccenda tra donne, far dimenticare quelle del passato, scalzare colei che oggi detiene il monopolio, quella Hillary che regala per la festa della mamma una telefonata a sorpresa a qualche madre fortunata d’America, come se la corsa per la Casa Bianca fosse soltanto la conquista del cuore di un uomo.
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