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Contro mastro ciliegia

Il comunicato della curva Sud del Milan e la politica

Maurizio Crippa

Nel paese delle risse da stadio sembra quasi normale che una tifoseria di calcio si esprima come un partito. Ma se si arroga il diritto di essere garante della pax sportiva, come ha fatto quella rossonera dopo il derby, è un brutto segnale

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Nel paese in cui le squadre di Calenda e di Renzi (quella politica, eh) perdono peggio della squadra di Allegri, ma nel frattempo i due capi delle rispettive curve, cioè loro stessi, si menano come ultras ubriachi sul piazzale di un autogrill, può sembrare persino normale che i capi di una vera curva calcistica, quella depressa del Milan, emani comunicati che sembrano scritti dall’ufficio stampa di Sant’Egidio: “Capiamo e condividiamo la voglia di esultare e far festa, nessuno si è mai sognato di vietare festeggiamenti e sfottò, ma in una città come Milano ci sono dei limiti che non vanno mai oltrepassati”.

L’interista Dimarco ci aveva dato un po’ dentro col microfono dopo il derby, del resto chi se lo scorda Ambrosini, ma una curva che si appelli al bon ton, di qualsiasi colore e in qualsiasi stadio d’Italia, suona falsa come un superbonus. Ma peggio. Scrive la Sud: “Le Curve di Milano si impegnano da 40 anni a portare avanti un patto di non belligeranza, un caso unico in Italia che permette di vivere nel rispetto, nella tranquillità e nella lealtà la nostra stracittadina”. Le curve di Milano, e di ogni dove, hanno purtroppo dentro e intorno sacche di illegalità tollerata che tutti conosciamo. Che una curva si assuma il ruolo di garantire la pax sportiva, non è un “gesto distensivo”, è un pessimo segnale.

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