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contro mastro ciliegia

Cara Belloni, quello nei suoi confronti non è outing

Maurizio Crippa

Il post della compagna di Schlein e qualche cosa da sapere su privacy e generi. Perché il problema non è l'orientamento sessuale, ma l'intrusione dei media: che colpisce tutti

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No, gentile Paola Belloni, paolab3lloni per chi la segue sul social, di cui è parsimoniosa. No, le cose non stanno così, esattamente così, come ha scritto nel suo ben meditato post. “Si chiama outing e io ne sono stata travolta”, ha scritto dopo che un settimanale aveva pubblicato una sua foto in compagnia della segretaria del Pd, titolando: “Ecco il volto della fidanzata di Elly Schlein”. Ma lei dice, rivolgendosi a chi ha realizzato (così evitiamo la schwa) lo scoop, che “comunicare a mezzo stampa l’intimità affettiva di una persona è un atto ingiusto e si chiama outing”. Non esattamente, no.

 

Outing indica, nei codici linguistici che lei conosce bene (lei è un residuo spagnolesco, niente di personale: è giusto per evitare il “tu” fascista) una pratica odiosa e violenta, una esposizione – di solito malevola – nella identità personale. Ma questo non c’entra con la vicenda che l’ha vista coinvolta, per quanto suo malgrado. E’ invece un’azione che pertiene, o per meglio dire rasenta, una violazione della privacy: perché svela, forzosamente, qualcosa della propria vita o del proprio status nel mondo. Ma non viola una “intimità affettiva”, se non per il suo aspetto esteriore, sociale. (Compagna, figlio di…). Cose che, di personaggi pubblici, si possono sapere e far sapere. Lei scrive che “in Italia non abbiamo il matrimonio egualitario, non abbiamo tutele per i figli e le figlie di famiglie omogenitoriali, non abbiamo una legge contro l’omolesbobitransfobia”. E questo sembra alludere al fatto che quanto le è capitato sia più grave che se fosse capitato invece ad altri, diciamo a una coppia eterosessuale. Ma non è così. Se è giusto vietare certe intrusioni nella privacy, allora vale anche per la (ex) famiglia Totti.

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Quanto all’outing, la segretaria Pd Elly Schlein, non ha mai fatto mistero delle sue scelte in ambito affettivo. Il settimanale non ha commesso outing, non più di quando pubblicava e dava nomi alle cangianti fidanzate di Gigino Di Maio. Non esiste un diritto a una riservatezza diverso da altri. Esiste invece un ambito in cui appartenere alla sfera di vita di una persona pubblica rende in qualche modo persone pubbliche. Ci sono limiti e leggi in proposito. “Ne sono stata travolta” può essere umanamente comprensibile, ma non sposta i confini e le regole della comunicazione pubblica. Non è quindi il genere, la schwa e tanto meno l’outing da mettere a tema. E' piuttosto l’invasività dei media.

Si è fatto sapere al pubblico (il pubblico si interessa di quel che vuole, sa? Le conviene di impararlo in fretta) chi è la compagna di una delle persone politiche più in vista del paese. Esattamente come – senza scandali ma anzi con sghignazzi, che nel suo caso sono fortunatamente mancati – i giornali ci aggiornavano di altri fidanzati/e: lo suggerisca a chi di dovere, a partire dalla parte politica che rappresenta, e che per decenni ha fatto dello sputtanamento privato, della politica del buco della serratura, una delle sue preferite armi politiche. O vogliamo dimenticarci di quando la sinistra difendeva la libertà deontologica e professionale di un paparazzo che filmava gli ospiti nudi e ignari dentro a Villa Certosa? Ha molte ragioni, gentile Paola Belloni, per essersi sentita ferita. Ma lo impari, lo cambi se vuole. Ma per tutt* e tutt*, come usa dire.

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