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Contro mastro ciliegia

Viva il non-italiano di Retegui. Se la smettessimo dell'Inno sarebbe un gran gol

Maurizio Crippa

Le dimissioni della direttora di Raisport De Stefano, che ai Mondiali voleva "sottrarre peso alle storture umane", fanno ben sperare

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Non essendo sfortunatamente azionista del Tottenham, delle dimissioni di Antonio Conte poco mi cale, a meno che, a chi so io, non venga la disgraziata idea di riprendere la scarpa vecchia. Essendo come tutti gli italiani teleutente, le dimissioni della direttora di Raisport, Alessandra De Stefano, mi offrono invece un poco di sollievo, avendo ancora nelle orecchie e negli occhi, purtroppo, la disaermante esperienza del “Circolo dei Mondiali”, quello della “nobiltà del servizio pubblico” per “sottrarre peso alle storture umane”, ipsa dixit, ma la cui invece “nota dominante è stata il cazzeggio”, Aldo Grasso dixit.

 

Tutto questo per dire che, se si riuscisse a restare lontani dalla retorica, la speranza per il calcio della Nazionale potrebbe davvero essere questo Mateo Retegui, che ha l’aria del fenomeno. Il Mancio l’ha pescato in Argentina, e chissenefrega se non parla, per adesso, una sillaba d’italiano. Che del resto, sinceramente, se n’è visti tanti anche nati qui più in difficoltà con l’italico idioma di lui. Ma bisogna davvero, in questo caso, “sottrarre peso alle storture umane”, cioè bandire i commenti da nazionalisti da bar sul suo eloquio. Alla seconda partita, già cantava a squarciagola l’Inno nazionale. Ti prego, Mateo, fermati lì. A noi frega solo la nobiltà dei gol.

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