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Contro mastro ciliegia

Gergiev risponde di sé, non per Putin. In piena libertà

Maurizio Crippa

Tutti i direttori d'orchestra dovrebbero essere come Toscanini, fiero nemico di fascismo e nazismo. Ma non è un obbligo, e il manicheismo ha sempre un cattivo puzzo orwellino. Il grande direttore russo è stato cacciato con ignominia dalla Scala. Ma noi siamo per la libertà. Vero?

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Brevemente nazionalista fino alla passeggiata di Fiume, Arturo Toscanini post Marcia su Roma si rifiutò di dirigere alla “sua” Scala se fosse stato presente il Duce. Preferì trasferirsi a New York che accettare il fascismo e anche da Bayreuth se ne andò sbattendo la porta, e da Salisburgo dopo l’Anschluss, in aperto disprezzo di Hitler. In America diresse gratuitamente concerti benefici e per le truppe, alla Scala tornò nel 1946, per il grandioso concerto della Liberazione. Dovrebbero essere tutti così, i direttori d’orchestra, ma l’obbligo non c’è e il manicheismo ha sempre un cattivo puzzo orwelliano.

Del resto anche al suo gran rivale Furtwangler, pur sospettato di simpatie naziste, dopo la guerra non fu vietato dirigere. Valerij Gergiev, un grandissimo a sua volta, è stato cacciato con ignominia dalla Scala, la filarmonica di Parigi gli ha annullato un concerto e la Filarmonica di Monaco di Baviera lo ha licenziato perché non ha voluto “prendere le distanze in modo chiaro e inequivocabile” dalla guerra di Putin. Tutti i direttori d’orchestra dovrebbero essere come Toscanini. Ma un artista non è un asset del soft power nemico, risponde di sé e della sua libertà. E noi siamo per la liberà. Vero? 

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