PUBBLICITÁ

contro mastro ciliegia

Reporter e galere

Maurizio Crippa

Reporters Sans Frontières informa che il 2021 è stato l'anno nero per i giornalisti finiti in prigione; 488. Mai così tanti. Ma serve una doppia dose di rispetto, per parlarne in un paese in cui i giornalisti si appiccicano medaglie di coraggio se invitano fessi con braccio di gomma in tv

PUBBLICITÁ

A non essere inviati di guerra, o in paesi dove sui confini di filo spinato si va a proprio rischio e pericolo, serve una dose doppia di rispetto per commentare certe notizie. Alle nostre latitudini c’è la risibile abitudine di appiccicarsi medaglie di coraggio per aver portato uno scemo con il braccio di gomma in trasmissione, o di considerarsi perché si scrive ogni santo giorno che il governo di Conte era più bravo: proprio il giorno che l’Economist, non Lilli Gruber, certifica il contrario. Non è facile parlare dell’eroismo vero di tanti colleghi, se si è circondati da cotanta schiera. Però, il bilancio 2021 di Reporters Sans Frontières ci informa che è stato l’anno record, cioè nero, per il numero di giornalisti detenuti nel mondo: 488. “Mai dalla creazione del rapporto di Rsf nel 1995 è stato così elevato”. Né consola che i 46 professionisti dei media uccisi siano la cifra più bassa in vent’anni. L’aumento del 20 per cento degli arresti, viene detto, è dovuto soprattutto a tre paesi: Birmania, Bielorussia e Cina. Ma guarda. E pesano molto la repressione imposta a Hong Kong e i 70 giornalisti uiguri finiti in galera. Ora si può tornare a credersi sentinelle della democrazia e strillare che i giornali “silenziano”  i No vax, o che ieri nessuna prima pagina si è ricordata dello sciopero generale.

PUBBLICITÁ