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contro mastro ciliegia

Carcere, violenza e ministro

Maurizio Crippa

Non basta scandalizzarsi per la violenza degli agenti penitenziari a Santa Maria Capua Vetere. Bisogna anche ricordare il clima politico e la gestione di Via Arenula dell'epoca Bonafede: quando la sottovalutazione del Covid nelle prigioni esasperò al massimo una situazione già drammatica

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Non siamo di quelli che “le divise fanno paura”, scemenza destituita di ogni rapporto con la realtà. Dunque il punto non è pretendere processi sommari e simbolici assalti alla Bastiglia: gli agenti di polizia penitenziaria esistono perché servono, non dovrebbero fare paura. Ci sarà modo, anche per noi, di affrontare il tema. Ma è innegabile che 110 indagati, 52 misure cautelari e il provveditore delle carceri della Campania sospeso per le violenze perpetrate sui detenuti di Santa Maria Capua Vetere nell’aprile 2020, come “risposta” a una protesta dei carcerati dovuta all’allarme per il Covid, sono qualcosa d’altro da una degenerazione momentanea, una perdita di controllo, uno scoppio di violenza dovuto alla esasperazione. Verranno individuati e puniti i responsabili.

  

  

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Ma bisogna per prima cosa ricordare il clima politico in cui è avvenuta quella violenza, quando al ministero di Giustizia c’era un ministro che considerava il carcere chiuso a doppia mandata come l’unica prospettiva della pena e che ha sottovalutato volutamente gli allarmi sanitari. Quando una parte della politica e dell’opinione pubblica gridava contro le “vacanze Covid”.

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Gli agenti che hanno sbagliato sono una cosa, la politica che li ha messi nelle condizioni di compiere violenze è un problema peggiore.

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