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contro mastro ciliegia

L'onore di James Levine

Maurizio Crippa

Il grande direttore d'orchestra, 40 anni al Met, è morto a 77 anni. Nessun giornale mondiale è riuscito a fare a meno di scrivere "licenziato per abusi sessuali", per via di una risibile storia di accuse di ex allievi spuntata dopo 50 anni in clima MeToo. Milioni di beoti del web penseranno che è morto un vecchio porco, e non un magnifico musicista

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Abbiamo fatto un rapido ma rappresentativo check sui titoli dedicati dai siti dei giornali italiani e stranieri alla morte di James Levine, grande direttore d’orchestra statunitense, avvenuta qualche giorno fa ma comunicata ieri. Nessuno o quasi ha avuto la sventatezza di scrivere nel titolo “licenziato per abusi sessuali”, a parte l’incorreggibile Corriere e il sito della Bbc, che del resto ha una certa esperienza in materia. Ma nessuno si è sottratto all’obbligo (ah, la cronaca) di ricordarlo nel sommario, l’unica cosa che di solito i lettori del web leggono, per cui milioni di lettori ieri si saranno fatti l’idea sommaria che è morto un vecchio porco. E non il direttore d’orchestra, considerato il più influente negli Stati Uniti dopo Leo Bernstein, che aveva guidato per quarant’anni il Met di New York, e in Europa i Wiener e i Berliner Philharmoniker. Quando scoppiò il trascurabile scaldaletto postumo, e lui era già molto malato, perché un gruppetto di ex allievi s’era ricordato, cinquant’anni dopo, in clima femminile MeToo ma con rapida deriva nel mondo gay, di qualche rapporto d’improvviso riemerso ex post come molestia, Giuliano Ferrara – dispiaciuto per non poterlo più ascoltare nella Tosca al Met – scrisse una sua difesa e un’accusa di fuoco contro la nuova inquisizione sessuale. E un appello ai “froci” liberi e forti. Certo, nel giorno in cui Sleepy Biden dà di killer a Putin, ripescare le accuse di pipparolo abusivo a un grande direttore d’orchestra defunto può non essere la cosa che scandalizza di più. Ma nessuno di quelli che si sono peritati di ricordare la faccenda l’ha fatto per ridargli l’onore dell’unica cosa che ha contato nella sua vita: essere stato un grande musicista.

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