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Contro Mastro Ciliegia

Anita è meglio se sta a casa

Maurizio Crippa

Abbiamo detto in lungo e in largo che la scuola doveva rimanere aperta, come fanno nei paesi seri. Abbiamo sostenuto le ragioni della ministra Azzolina. Ma ci sono i contagi a palla e la gente muore. Andare in classe così è una belluria, una pretesa astratta. Le alzate di ingegno dei ragazzini stanno a zero

Abbiamo scritto in lungo e in largo, opportune et importune, che le scuole dovevano restare aperte; abbiamo scritto in lungo e in largo che altri paesi europei non le hanno chiuse; in lungo e in largo che invece di pensare ai banchi a rotelle si doveva pensare agli autobus, e che scaricare sulla scuola i disastri dei commissari ad minchiam è da paese incivile. Ci siamo schierati con la ministra Azzolina, che questa battaglia ha sposato, e ha fatto bene. Abbiamo persino applaudito il maestro di Napoli che leggeva Rodari nei Bassi, e bravi pure i prof che fanno lezione nei parchi, un gesto civile di protesta mentre altri statali fanno sciopero. E ha fatto bene, per un giorno ha fatto bene, anche Anita. Però poi, anche basta.

 

Ci sono i contagi a palla, c’è la gente che muore. Saremo pure un paese disorganizzato e del piffero, ma davanti alla pandemia anche il diritto ad andare in classe è una belluria, una pretesa astratta. A dirla tutta, abbiamo spiegato anche le buone ragioni della didattica a distanza, e il gran lavoro fatto dai prof davanti al computer. Chi nega i meriti dell’innovazione digitale ha torto. Poi, ovvio, lo sappiamo tutti che la scuola deve stare aperta. Ma dire, “la scuola è in presenza o non è” è una cazzata come i venerdì di Greta per il clima. La scuola a distanza “è un po’ meno”, punto. Soprattutto è un capriccio inutile (degli adulti) dar retta a questa ragazzina, Anita di Torino, che ora la intervistano tutti, che sta col banco fuori dal portone e dice che rimarrà “in strada con la neve finché non riaprono la scuola”. Ok, l’ha fatto. Brava. Ma ora torni a casa, col suo computer. Che fuori c’è la gente che si ammala. E le alzate d’ingegno persino dei bravi ragazzini stanno a zero.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"