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Contro Mastro Ciliegia

È peggio buttare le statue, o impiccarle al Faro europeo?

Maurizio Crippa

Il Parlamento ha ratificato la Convenzione di Faro, che mira a proteggere il patrimonio culturale. Tanti applausi ma il dirigismo etico è in agguato: no a limitazioni della cultura

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Nell'ultimo numero del Foglio Arte l’artista sudafricano William Kentridge, noto al grande pubblico per avere affrescato “provvisoriamente” i muraglioni lungo il Tevere, parlando dell’attuale temperie iconoclasta che abbatte statue eccetera, dice: “Ci dovrebbero essere sforzi per pensare a storie alternative, ma non per cancellare quelle vecchie”. Bene. L’altro ieri il Parlamento ha ratificato, dopo lungo e tormentato iter, la Convenzione di Faro, ignota al grande pubblico.

 

Si tratta della “Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società”, intesa a proteggere il suddetto patrimonio e i diritti dei cittadini di accedervi. In poche parole, una scartoffia piuttosto inutile, per quanto il governo, il Mibact e la maggioranza abbiano applaudito, in nome della correttezza universale. A essere contro soprattutto la Lega, e Vittorio Sgarbi, stavolta dal lato giusto del suo multipolarismo.

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Il fatto è che almeno due articoli, il 4 e il 7, fanno sentire una certa puzza di dirigismo etico. Uno dice che il diritto al patrimonio culturale va sottoposto a “limitazioni che sono necessarie in una società democratica, per la protezione dell’interesse pubblico”. L’altro che bisogna “stabilire i procedimenti di conciliazione per gestire equamente le situazioni dove valori contraddittori siano attribuiti allo stesso patrimonio culturale da comunità diverse”.

 

Quali limitazioni debba avere l’esercizio della cultura, e perché debba essere normato dagli stati, in effetti si ignora. Si butteranno giù solo le statue scorrette degli altri, illuminati dal Faro della democrazia?

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