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Noi non lo chiameremo Jair Covid, ci basta bel pirla

Maurizio Crippa

Bolsonaro ha sfidato il coronavirus come se fosse una leggenda amazzonica e se l'è preso pure lui. Peggio di Djokovic!

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Non sono esperto di tennis come il mio caro direttore e non saprei se Novak Djokovic, ristretto nel suo perimetro naturale di palle e racchette, sia un numero uno. Ma quando è fuori dal magico rettangolo che gli compete è il prototipo dell’untore zero. Ha sfidato il Covid come un pollo senza mascherina, confidando in non so quali medicine alchemiche e teorie no vax, e se l’è preso. E l’ha fatto prendere. Poi è guarito, mica è un vecchietto da scrematura. Ma il guaio l’ha fatto. Va notato però che il suo alternativo concetto di salute o di immortalità è una scemenza da ragazzoni senza pensieri, una postura bulla e instagrammabile, come quella di tanti suoi coetanei fisicamente meno attrezzati. Diverso, molto, è il caso del presidente brasiliano Bolsonaro, che ha sfidato anche lui il Covid come fosse una leggenda amazzonica, o una trumpiana kung flu, e s’è l’è preso. La prima differenza è che ha fatto ammalare, e morire, migliaia di cittadini del suo paese. E sarebbe colpa bastante a tirar giù anche la statua di suo nonno. La seconda, che non fosse grottesco diremmo culturale, è che lo ha fatto per una postura superomista, da destraccia populista, roba da “a chi l’invulnerabilità da Covid? A noi!”. Bene, adesso se l’è preso. Non essendo noi come un tale brutto ceffo, non lo chiameremo “Jair Covid”. Ci basta un dovuto: bel pirla.

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