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L’invenzione del mare

Maurizio Crippa

Prima era un simbolo di guerra, poi è diventato di moda. Ma non c'è alcuna necessità di andarci se ci diranno di restare a casa

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Per secoli gli uomini si sono tenuti lontani dalle spiagge perché considerate nocive alla salute e ricettacolo di ogni tipo di insidie, come racconta in uno splendido libro, L’invenzione del mare, lo storico Alain Corbin. In mare si andava a fare i pirati, a commerciare o tutt’al più a fare la guerra. Poi è cambiata la moda e alla fine, forse per colpa dell’invenzione dell’ombrellone o del bikini, si è cominciato a credere che andare in spiaggia fosse un diritto civile universale. Ora, complice un rendering particolarmente fesso della sottosegretaria al Turismo Lorenza Bonaccorsi, c’è una sollevazione di indignados che al mare giura che ci andrà, senza se e senza ma, e senza inscatolarsi in gazebo di plexiglass. Ma non esiste nessuna necessità o dovere – nemmeno per un popolo di bagnini, libertari da spiaggia e navigatori da pattino – di andare a mare, quest’estate, se non lo si potrà fare. State a casa, o andate in montagna. E soprattutto spegnete quella cazzo di radiolina.

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