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Arma, the brave captain

Maurizio Crippa

Il comandante della Diamond Princess ieri è sceso a terra. Ultimo, come si conviene ai capitani che non abbandonano la nave

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Lei, che si chiama Marianna ed è sua moglie, lo definisce “una roccia”. Che per uno che sta in mezzo al mare, dal punto di vista del galleggiamento della metafora se vogliamo non è il non plus ultra, forse era meglio un albero maestro, ma pazienza, abbiamo capito benissimo cosa voleva dire. Voleva dire la stessa cosa che tutti quanti i 3.700 passeggeri che stavano sopra quella bagnarola di lusso, insomma la Diamond Princess, hanno detto di lui: “The brave captain”, il capitano coraggioso. Gennaro Arma, fiero discepolo del glorioso Istituto tecnico nautico Nino Bixio di Sorrento, ieri è sceso a terra. Ultimo, come si conviene ai capitani che non abbandonano la nave. E adesso potrà finalmente tornare a casa, nella penisola più bella d’Italia, dalla sua famiglia e da una moglie bella tosta pure lei. La nave del capitano Arma era in viaggio nei mari dell’oriente (una parte acquatica del globo che, personalmente, vieterei a chiunque non sia Joseph Conrad, ma tant’è) ed è finita nella famosa quarantena del coronavirus, dalle parti di Yokohama. Che forse non è come fare naufragio in Papuasia, ma per tenere il timone di un villaggio da quasi 4.000 persone ci vuole bravura, coraggio, serietà. Insomma un’idea del proprio lavoro, della propria responsabilità, e in generale della vita, di quelle che ti fanno dire: ecco, così è un uomo. Dunque viva il capitano Arma, tornato dal suo lungo viaggio. Una di quelle persone che, quando le vedi, pensi che sono proprio quelle di cui abbiamo bisogno.

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