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Il calcio è uguale alla politica, e un saluto a Hakan Sükür

Maurizio Crippa

Dallo statement del Barça per dirsi contrario alle condanne contro i leader indipendentisti catalani, al saluto militare dei calciatori della Turchia

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Il calcio non è una metafora della politica, o una diplomazia della distensione. Ne è solo la caricatura. E duole dirlo in questi frangenti in cui la politica, anche internazionale, è già tristemente la caricatura di se stessa. Ma l’impero del pallone non si fa mancare niente. Un anno fa politica e calcio nazionali misero in piedi una risibile cagnara contro l’idea di giocare la Supercoppa italiana in Arabia, dove le donne non sono ammesse alla partita. Ovviamente dopo la manfrina sì giocò, pecunia non olet, allo stadio Re Abd Allah di Gedda. Ieri il Barça ha pubblicato uno statement per dirsi contrario alle condanne contro i leader indipendentisti catalani, ma di ritirarsi dall’Europa o dal campionato spagnolo, loro, il més que un club, manco a parlarne. Poi ci sono le cose più drammatiche. Come la Turchia che ieri giocava per gli Europei, con i giocatori che esultano facendo il saluto militare manco avessero segnato ai curdi, e l’Europa tranquilla come a una scampagnata. Poi parte questa belluria di hashtag, #NoFinaleChampionsAIstanbul e si chiede una rinuncia preventiva alla Juve (che a Gedda giocò) e persino all’Inter, che tanto in finale non ci va ed è comunque una squadra cinese, nel caso giocherebbe pure a Hong Kong. In tutta questa ipocrisia, mandiamo un saluto ad Hakan Sükür, ex stella del Galatasaray e di cui ci è caro il ricordo di un gol nel derby, che vive esiliato negli Stati Uniti perché nel 2015 fece un tweet contro Erdogan, e da allora l’aria turca per lui è diventata assai poco salubre.

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