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Revenge Etruria

Maurizio Crippa

La procura di Arezzo ha chiesto l’archiviazione per Pier Luigi Boschi per il contestato reato di bancarotta fraudolenta. Si va verso la chiusura di un’altra delle storie inquietanti del circo mediatico giudiziario applicato alla politica

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Nel giorno in cui l’Italia civile e che condanna la violenza di genere è, per una volta e giustamente, orgogliosa di sé per l’approvazione delle norme del “codice rosso” contro il revenge porn, una menzione ad honorem bisognerebbe darla anche a Maria Elena Boschi. Che non ha mai subìto, che noi si sappia, attacchi violenti di quel tipo, ma che i suoi graffi e i suoi sfregi, con punte evidenti di maschilismo, se li è presi: per il solo fatto di essere (stata) una donna importante in politica. E siccome è giovane, come nella favola del lupo e dell’agnello, per lei hanno fatto valere l’accusa retrodatata: se non sei stata tu, è stato tuo padre. Così l’hanno sfregiata pure nel soprannome che abbiamo letto un milione di volte: Maria Etruria Boschi. Poi però succede questo.

 

Ieri il pool della procura di Arezzo ha chiesto l’archiviazione per Pier Luigi Boschi per il contestato reato di bancarotta fraudolenta. In febbraio era stato archiviato, babbo Boschi, anche da un’accusa di falso in prospetto. Se il gip di Arezzo archivierà, Pierluigi Boschi “vedrà cadere tutte le contestazioni penali ipotizzate nei suoi confronti” (citiamo tra virgolette, come fosse un brocardo, il Fatto Quotidiano). Fine del caso Boschi-Etruria. Un’altra delle storie inquietanti del circo mediatico giudiziario applicato alla politica. E la figlia che era entrata in politica potrà riprendersi il suo nome, quello vero tutto intero. Revenge Etruria.

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