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Onomastica e dittatori

Maurizio Crippa

Una coppia britannica è stata condannata per avere chiamato il proprio figlio Adolf Hitler. Non sarà un eccesso di democrazia?

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Ci sono questi due nazisti delle Midlands, lui ha ventidue anni e lei ne ha 38, età in cui le toccherebbe essere meno impulsiva nelle scelte, che hanno chiamato il loro bambino Adolf Hitler e sono stati condannati per istigazione all’odio e diffusione di idee neonaziste, razziste o improntate al suprematismo bianco da una giuria di Birmingham, Gran Bretagna. E niente, io li odio i nazisti delle Midlands, ma è anche vero che chiamare un figlio come si vuole può essere indice di scemenza grave (in tribunale hanno mostrato un video in cui il papà di Adolf Hitler culla il suo pupo mascherato da membro del Ku Klux Klan) ma condannare alla galera genitori che sembrano comparse di un libro di Antonio Scurati, forse eccede un po’ lo spirito della democrazia.

 

Però è anche vero che i tempi sono questi, e sono bizzarri, sbilanciati negli eccessi. Ad esempio una casalinga di Borgo Pio che ha visto passare Salvini e si è messa a gridargli “buffone buffone” – insomma una pratica anche questa di libera onomastica, ma di marca antifascista – è stata portata in commissariato per essere identificata ed è stata denunciata. E speriamo bene, per la signora Eleonora. Però siamo nel paese in cui il ministro apostrofato buffone e difeso dalle forze dell’ordine è lo stesso che dà del Saviano e della Boldrini al suo ex alleato, ma nessuno lo denuncia per ingiurie. E del resto il ministro della Giustizia va in tv, gli chiedono conto dei noti nomignoli affibbiati ai giornalisti dai suoi compagni di partito, e lui fa una faccina più ebete del solito (si potrà dire? Sarà istigazione all’odio?) e dice: ah boh. L’onomastica è un’opinione.

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