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Ahinoi, c’è crollata pure Ratisbona

Maurizio Crippa

Adesso resta soltanto che sono almeno 547 i bambini che, tra il 1945 e l’inizio degli anni ’90, hanno subìto violenze nel coro del Duomo, il più antico coro di voci bianche del mondo

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Il ciaone all’occidente ci aveva già pensato Francesco a farlo, e niente da aggiungere. Quell’ipostatizzazione di cultura giudaica e cristiana, e pure greca e romana, piena di luminose città sul monte con i loro destini manifesti e di fardelli da uomini bianchi e di etiche del profitto vagamente weberiane. Niente, ciaone. Però adesso, bum!, ci tocca registrare un crollo che, al livello del nostro sistema del simbolico, e anche del simpatico, è più pesante. Più grave. Definitivo. Soprattutto per un giornaletto relativo ma non relativista come il nostro che ci ha investito tanto, ma proprio tanto. Insomma il mito di Ratisbona. La ridente cittadina. Il baluardo della fede. Il ratzingerismo non negoziabile. L’argine occidentale, anzi giudaico e cristiano e illuminista contro l’islam, quella religione un tantinello violenta, lo lasci dire a me, caro il mio Paleologo. E niente. Adesso resta soltanto che sono almeno 547 i bambini che, tra il 1945 e l’inizio degli anni ’90, hanno subìto violenze nel coro del Duomo di Ratisbona, il più antico coro di voci bianche del mondo. Quello che fu diretto anche da Georg, il fratello più buffo del Papa Professore. Le voci bianche, i cori angelici. Invece menavano come forse soltanto nei college di Sua Maestà poteva capitare. E speriamo solo quello, insomma che non succedesse quello che invece nei college di Sua Maestà succedeva di sicuro. Così adesso, da queste parti, tocca prendere atto che anche quella bandiera contro il relativismo, Ratisbona, s’è un po’ relativizzata. (Si scherza, eh… per ratzingeriano buonumore. Ma certo che quando la barca si capovolge…).

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