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Il trans ultra ortodosso e il giudice frastornato come Belén

Maurizio Crippa
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Come si dica “ma n’do sta la tua misericordia?” in inglese, o in yiddish, non saprei. La storia è questa. In un sobborgo a nord di Manchester c’era un papà che adesso è diventato donna. Ma siccome faceva parte di una comunità ebraica di stretta osservanza ortodossa, in cui la legge religiosa determina ogni aspetto della vita personale e sociale, dall’abbigliamento al cibo all’educazione ai comportamenti sessuali, il cambio di genere della signora ha creato molti più problemi di quanti ne provochi, di media, in occidente. Ed è finito in tribunale. Perché lei vorrebbe poter continuare a vedere i figli. Ma la famiglia no, la scuola è pronta a cacciare i bambini se la incontrassero e gli amichetti non esiterebbero a voltar loro le spalle. Così il giudice che si è trovato davanti a questa “collision of two unconnecting worlds” ha deciso, “a malicuore”, che tra i due mali il minore è che il genitore non veda più i figli. Il fatto che il giudice Mr Justice Peter Jackson sia lo stesso (se non è omonimia) che aveva deciso per il diritto all’ibernazione di una bambina in punto di morte, non aiuta. Forse aiuta domandarsi se il problema sia che ogni fondamentalismo religioso (e pensate cosa avrebbero detto se fosse accaduto al Collegio San Carlo di Milano) è incompatibile con le moderne libertà. O forse il problema è che di fronte a certe cose l’idea occidentale del diritto non sa più che fare, se non praticare la sottomissione. Problemi. Come Maria De Filippi, mi sento “frastornato come Belén”.

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