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Nel vocabolario è meglio “petaloso” o “stepchild adoption”?

Maurizio Crippa
C’è ancora speranza per l’Italia, o almeno per la sua favella un tempo intelleggibile a poeti e marinai, se il bamboccioso neologismo che tanto commosse e indusse a sconsiderate riflessioni gli accademici della Crusca, l’indimenticabile e già dimenticato “petaloso”, non è ancora entrato nel vocabolario della lingua italiana.
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C’è ancora speranza per l’Italia, o almeno per la sua favella un tempo intelleggibile a poeti e marinai, se il bamboccioso neologismo che tanto commosse e indusse a sconsiderate riflessioni gli accademici della Crusca, l’indimenticabile e già dimenticato “petaloso”, non è ancora entrato nel vocabolario della lingua italiana. Ne fa fede l’edizione 2017 del “Vocabolario della lingua italiana” Zanichelli, che da quando i computer hanno sostituito gli amanunensi ingobbiti sui repertori fa in fretta a sfornare ogni anno un migliaio di nuove parole entrate nel linguaggio comune, di solito basic english, ma a volte già uscite dalla memoria il tempo di stamparle.

 

Il fatto è che la pretesa di tener dietro al flusso della vita chiudendola in un catalogo è una di quelle cose che facevano sorridere Borges. Così, che il verbo “trollare” arrivi nel 2017, dopo che sono decenni che tutti trollano Gianni Morandi, è un po’ il segno dell’inanità dell’impresa. Ma anche della trasformazione del vecchio caro dizionario in una sorta di “real life for dummies”. Non ti spieghiamo le parole, ti spieghiamo cosa succede in giro. Più che la lingua, vale la musica che gira attorno. Così, per tempistica avendo bucato “Fertility day”, lo Zingarelli 2017 ha inserito il magico lemma “stepchild adoption”. Che come ognun vede non è una nuova parola italiana, ma un comportamento sociale trasformato ope legis in senso comune. Per essere pronti ad accogliere tanti petalosi bambini. Ma nel 2018 nei “sinonimi e contrari”.

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