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Il dott. Davigo prescrive

Maurizio Crippa
Come un buon medico di famiglia, il dottor Davigo non va in vacanza. Se ne sta lì, pronto alla bisogna. Sorveglia a distanza, e ogni tanto prescrive. Uomo all’antica, prescrive olio di ricino, appena può. Ieri, a Rep. Tv, ha prescritto la sua ricetta valida erga omnes: “La prescrizione è un istituto di civiltà, che esiste in tutti i paesi al mondo, prima del giudizio".
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Come un buon medico di famiglia, il dottor Davigo non va in vacanza. Se ne sta lì, pronto alla bisogna. Sorveglia a distanza, e ogni tanto prescrive. Uomo all’antica, prescrive olio di ricino, appena può. Ieri, a Rep. Tv, ha prescritto la sua ricetta valida erga omnes: “La prescrizione è un istituto di civiltà, che esiste in tutti i paesi al mondo, prima del giudizio. Ma una volta che le prove sono state acquisite, una volta che è l’imputato condannato che appella, perché non si acquieta della sentenza di primo grado, perché deve decorrere la prescrizione?”. Già, perché non s’acquieta, il reo? Forse che pensi di aver ragione? No, lo fa perché è un colpevole che non si vuole lasciar acciuffare: “A parte la Grecia, non ci sono altri paesi europei in cui la prescrizione decorre in questo modo. E’ un sistema anomalo quello italiano”. Sì, gentile presidente dell’Anm, siamo più anomali della Grecia, ma non soltanto per la prescrizione: forse c’entra il modo con cui sono condotte le indagini e istruiti i processi. E gli imputati, guarda un po’, non si rassegnano al primo grado di giustizia ballerina. Ma invece no, insiste il medico curante della legalità: “Si dice che l’allungamento dei termini di prescrizione o la mancanza di termini di prescrizione farebbe durare di più i processi e non ci si rende conto che i processi durano di più proprio perché esiste la prescrizione. Molti imputati, se non ci fosse la prescrizione, forse non appellerebbero. Appellano perché sperano che arrivi la prescrizione”. O, magari, una giustizia meno malata.
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