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Il pensiero unico pro gender dietro la scomunica del giudice Deodato

Maurizio Crippa
In un paese in cui le opinioni dovrebbero essere libere, è uscito un titolo come quello del sito di Rep.: “Nozze gay, i retweet anti-gender del magistrato del Consiglio di stato”, per inchiodare all’infamia morale via gogna mediatica, uno degli estensori della sentenza che boccia la trascrizione dei matrimoni omosessuali celebrati all’estero.
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Io sarò pure della vecchia scuola, ma devo dire che ci sono certi retweet canaglieschi che sono peggio del trattamento riservato ai calzini turchesi del giudice Mesiano. Ma devo anche dire, e fa quasi schifo doverlo dire, in un paese in cui le opinioni dovrebbero essere libere, che è molto peggio fare un titolo così, come ha fatto ieri il sito di Rep.: “Nozze gay, i retweet anti-gender del magistrato del Consiglio di stato”, per inchiodare all’infamia morale via gogna mediatica, in nome del pensiero unico gender, il magistrato Carlo Deodato, uno degli estensori della sentenza che boccia la trascrizione dei matrimoni omosessuali celebrati all’estero.

 

Non l’avesse mai fatto, Deodato. E dire che i suoi retweet sono all’acqua di rose. Uno era di @matteomatzuzzi: “Mentre i cristiani vengono perseguitati, in Francia si discute di neutralità”. Uno di @ProVita–Tweet: “Perché il #Dono più #Grande è la #Vita”, con tutti quegli hastag fuori di logica. Ma tant’è. Per i siti più giornalisticamente illibati, che Deodato potesse anche solo far parte di un collegio della Consulta è cosa che “fa discutere”. Per tutti gli altri, e per gli odiatori seriali da social media, è semplicemente cosa che grida vendetta. L’Huffington Post, a corto di sarcasmo, trova “caustico” il tweet di Sergio Lo Giudice, senatore pd ed ex presidente Arcigay: “L’estensore della sentenza del Consiglio di stato è fan delle Sentinelle in piedi: l’uomo giusto al posto giusto”. Siccome c’è la democrazia, per Lo Giudice il posto giusto per Deodato sarebbe coi piedi all’insù. Appeso.

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