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l'intervista

Pietro Castellitto e la magnifica ossessione per Roma nord: "Racconto i Parioli con i suoi conflitti"

Giuseppe Fantasia

Il regista è in concorso a Venezia con Enea, un film che porta sullo schermo la storia di due giovani pariolini che si inventano una guerra tra droga, competizione e altre sregolatezze pur di sentirsi vivi: "Sono i valori estremi che scontrandosi creano un conflitto e il conflitto crea storie"

Venezia. P & P: Pietro Castellitto e i Parioli, il talentuoso regista, attore e scrittore romano e uno dei quartieri più simbolici e conosciuti della Capitale. La combo non è nuova. I Parioli sono un po’ una sua magnifica ossessione e nessuno riesce a raccontarli così bene al cinema come ha fatto lui.

Dici Parioli e ai più si apre un mondo immaginifico fatto di ricchezza e di privilegi, di eccessi e di successi, di vite e di case perfette con portieri in livrea, giardinieri, tate e signore delle pulizie, “filippine” a prescindere, anche se sono del Sudan o di Porto Rico. C’è tutto questo, è vero, ma anche molto altro: "Siamo davvero sicuri che quella scenografia dorata sia poi così perfetta?", ci dice Castellitto junior. L’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è entrata nel vivo della sua seconda settimana e lui è qui per presentare Enea, il suo secondo film da regista che è nel concorso ufficiale e che uscirà il 25 gennaio del prossimo anno per Vision Distribution.    

 

 

Due anni fa, Castellitto junior se ne uscì con una frase molto criticata – “Roma Nord è come il Vietnam” – dicendo che non esisteva per lui un posto più feroce di quello in cui lui era nato e cresciuto.

"I Parioli li racconto – spiega al Foglio – perché ho sempre avuto la sensazione che quel quartiere fosse un luogo dal punto di vista drammaturgico potentissimo, un posto dove i valori basilari dell’esistenza non sono snobbati. Ci sono la voglia di soldi, il culto del corpo, gli sport da combattimento e la prestanza fisica… tutti questi valori estremi, scontrandosi, creano un conflitto e il conflitto crea storie".

"In effetti – aggiunge – i Parioli e Roma nord, di cui fanno parte assieme ad altri quartieri simili, è piena di storie e di leggende incredibili. Mi è sempre sembrato un peccato raccontare quel mondo, o criticarlo tout court, come se fosse il trionfo del nulla, come se non ci fosse niente là dentro, o raccontarlo in chiave caricaturale. Nel momento in cui ho percepito che avevo un punto di vista giusto per raccontare quel mondo, allora sono partito". Un racconto del particolare – scontri generazionali, sconfitte e vittorie – che diventa universale. "Cerco di essere simbolico in quello che scrivo o filmo. Nel cinema sono come uno chef che combina diverse cose in cucina. Quando fai un film, cerchi di trovare un modo per rendere simbolica quella situazione, il che non vuol dire essere necessariamente roboanti con la macchina da presa. Anzi, a volte, meno fai e più sei forte".

Quel che ne è venuto fuori, è questa storia che è una sorta di "trilogia di Pietro" – come l’ha definita suo padre, Sergio Castellitto, che nel film interpreta sé stesso insieme all’altro figlio Cesare – iniziata dieci anni fa quando il regista classe 1991 scrisse I predatori, il suo primo film. A questo è seguito il romanzo Gli Iperborei, uscito lo scorso anno per Bompiani. Enea è una storia di amicizia e di passioni, "è un gangster movie senza la parte del gangster – precisa Pietro – una storia di genere senza il genere". Il protagonista che lui stesso interpreta, Enea appunto, "è figlio di una generazione di genitori che ha dato ai propri figli dei nomi mitici, ma che poi gli consegnano un presente che di mitico non ha nulla, e pertanto cercano di essere all’altezza delle proprie ambizioni, costi quel che costi".

È un film sul desiderio di sentire la vita, di sentirsi vivi a tutti i costi in un’epoca morta e decadente. È successo anche a lei? Gli chiediamo. "Sì, sicuramente, da giovanissimo il disagio c’è stato. Si dice che i giovani siano inquieti per il futuro incerto. Io invece ho un disagio opposto. Parlando con i miei coetanei di qualsiasi istanza sociale, mi sembrava tutt’altro, che il futuro fosse troppo certo. Al contrario, se il futuro è misterioso, allora tutto può succedere e hai la sensazione che lo stesso possa essere all’altezza delle tue ambizioni".

Nel film – prodotto da Lorenzo Mieli per The Apartment, società del gruppo Fremantle – Enea e il suo migliore amico Valentino (Giorgio Quarzo Garascio) vogliono sentirsi vivi a tutti i costi. Stando sempre in un ambiente saturo di pace, sono costretti a inventarsi una guerra tra droga, competizioni e altre sregolatezze nascoste da un’apparente normalità. Il primo fa l’istruttore di tennis ed è innamorato della più bella del circolo, interpretata da Benedetta Porcaroli, bravissima; il secondo è un neo aviatore, ma insieme hanno un ristorante di Sushi ovviamente a Roma Nord. "Il paradosso tragico è proprio questo, che la vita la sentiamo meglio in guerra – continua Castellitto – e quindi entrambi sono quasi costretti a mettersi in una guerra per sentire la vita. I genitori nel film (Castellitto senior, psicologo, e Chiara Noschese, volto della tv) sono persone perbene, ma dentro sono dei falliti. I giovani non lo sono affatto, ma cercano di essere romantici e tragici ed è questo che li rende più leali".