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verso il 16 maggio

Scorsese, Moretti, l’eterno Ford-Indiana Jones: chi si rivede a Cannes

Mariarosa Mancuso

Due francesi, Breillat e Filhosignore dello scandalo. Un russo (in esilio), Serebrennikov, che l'anno scorso ha provocato sbadigli. Quella vecchia quercia di Ken Loach. Indiscrezioni e pettegolezzi sul prossimo festival

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Cannes speculation. Quentin Tarantino ci perdonerà se rubiamo il titolo del suo ultimo libro – imperdibile – per un po’ anticipazioni, indiscrezioni, pettegolezzi sul prossimo festival. Dopotutto deve a Cannes una Palma d’oro per “Pulp Fiction”, nel 1994 (così tanto tempo fa che Harvey Weinstein con la sua Miramax era un produttore amato e rispettato, capace di prendere piccoli film e farli diventare grandi). Un fanta-festival, messo insieme con quel che già viene dato per certo, o molto probabile. Ancora da scremare e collocare nelle varie sezioni (alchimia che può fare la fortuna di un film, o rovinarlo). In attesa della conferenza stampa ufficiale, il 13 aprile a Parigi.

Già fissata l’apertura in costume, il 16 maggio, con “Madame du Barry” diretto da Maïwenn. La favorita di Luigi XV, cortigiana protettrice delle arti e delle lettere (oltre che dei tessuti a righe, considerate fino ad allora “la stoffa del diavolo”). Quasi un “tranquilli, non è successo niente” dopo il #MeToo. Tanto più che nella parte di Luigi XV c’è Johnny Depp, riabilitato sugli schermi dopo il tormentato divorzio. Maïwenn – cognome Le Besco, ha da tempo rotto con la sua artistica  famiglia – è abbastanza brava de evitare l’album di figurine: costumi, parrucche, e attori-manichini e niente altro.

Altro titolo già ufficialmente annunciato, “Killers of the Flowers Moon” di Martin Scorsese, con Leonardo DiCaprio e Robert De Niro – di nuovo con tutte le sue rughe, che gli potranno solo giovare (purtroppo altri attori, grazia all’Intelligenza artificiale, stanno per subire la stessa piallata). L’Fbi indaga, nel 1920: una tribù indiana è stata massacrata. Il film è prodotto da Apple+, pare con garanzia di uscita in sala (i rapporti del festival di Cannes con Netflix sono invece ancora tesi, a tutto vantaggio della Mostra di Venezia). Assieme all’ammazza-indiani, è sicuro l’arrivo di “Indiana Jones e la Meridiana del Destino” – con Harrison Ford che pare eterno. 

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La squadra di casa (francese) ha una bella lista di registe. E poi ci sono i maschi Robin Campillo – “120 battiti al minuto” era molto bello – e Bertrand Bonello, a cui personalmente, dovendo scegliere, rinunceremo senza rimpianti. Due sono le signore dello scandalo. Catherine Breillat e Vanessa Filho, entrambe raccontano relazioni amorose anagraficamente disdicevoli. Meglio puntare su Catherine Corsini con “Le retour”, serve e padrone in Corsica. Siamo tentati di mettere nella squadra francese il film del russo (in esilio) Kirill Serebrennikov: l’anno scorso ci ha fatto sbadigliare con l’infelice matrimonio della signora Ciaikovskij, ma questo film sarà dedicato a “Limonov”, dal libro di Emmanuel Carrère.

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Nella squadra di casa (italiana) c’è il beniamino di Cannes Nanni Moretti, con “Il sol dell’avvenire” – un regista alle prese con il film più ambizioso della sua carriera (leggero brivido, capita a vedere uno che fa le acrobazie senza rete). E la beniamina Alice Rohrwacher, con “La Chimera” – ladri di cose etrusche. Molto amati dall’inamovibile direttore Thierry Frémaux – unico cruccio, non aver trovato una donna presidente della giuria, sarà Ruben Östlund – anche Saverio Costanzo, Marco Bellocchio, Matteo Garrone. Tutti non ci staranno.

Dovrebbe essere tra gli eletti – leggi: selezione ufficiale – “Asteroid City” di Wes Anderson: giovani astronomi riuniti in convegno, negli anni 50. Assieme alla vecchia quercia Ken Loach: “The Old Oak” è il titolo del film: inglesi e rifugiati siriani. Sono ipotesi. Speriamo anche in Aki Kaurismäki, tornato sul set, e nel rumeno Radu Jude, che già vince per il titolo più allettante: “Non ti aspettare granché dalla fine del mondo”.

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