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Festa del cinema di Roma - 2022

Di Gregorio e Zanasi, aria fresca al nostro cinema (e il “battistometro” è alle stelle)

Mariarosa Mancuso

Finalmente qualcosa che non siano i soliti drammi da villa al mare in pezzo alla pineta. Con sceneggiature e dialoghi ben scritti (speriamo nel botteghino)

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Il tenero Gianni Di Gregorio e l’eccentrico Gianni Zanasi. Finalmente qualche scintilla di originalità nel cinema italiano. Non solo drammi da villa al mare in mezzo alla pineta, con l’isolotto davanti alla terrazza: metà delle sofferenze patite da Marco Carrera nel “Colibrì” – Francesca Archibugi d’après Sandro Veronesi – hanno il leggiadro sfondo, anche i benestanti piangono. C’erano anche i precari, ora in un momento di stanca. “Astolfo” sarà nei cinema giovedì, funziona così con le feste-festival che danno una spintarella ai film in uscita (vanno veloci anche le piattaforme: il funeralizio ma divertente “Raymond & Ray” di Rodrigo García, anteprima all’Auditorium ieri sera, sarà su Apple+ venerdì). Dopo le vecchiette da badare a ferragosto, e il sogno di andarsene lontano con i malmessi coetanei, Gianni Di Gregorio è sotto sfratto. 

La figlia della padrona di casa va sposa, il contratto non è ancora scaduto ma gli operai già spaccano le piastrelle del vecchio bagno. Il professor Astolfo prende l’auto (in autostrada pare la Bianchina del ragionier Fantozzi) e va nella casa di famiglia. Mezza casa, in verità, sita in un paesello poco lontano da Roma. La sua parte arriva fino alla parrocchia, meno il salotto grande “annesso” dal prete ai suoi possedimenti onde ricavarne un “centro per i giovani”. Il palazzo è tenuto malissimo, piove sui fornelli di cucina, e ospita un occupante abusivo (“saranno sei, forse sette anni, son volati…”). Il sindaco ha requisito un pezzo di bosco per costruirsi la casa. Tipica situazione alla Gianni Di Gregorio, risolta alla Gianni Di Gregorio. Molte idee brillanti, anziani e altri reietti, dialoghi malinconici scritti benissimo, una gran voglia di combattere le ingiustizie placata qui dall’arrivo dei carabinieri, che vede la banda degli sfigati e lascia perdere. Astolfo intanto scambia sms con Stefania Sandrelli, vedova che il figlio sfrutta come baby sitter. Speriamo negli incassi, se il titolo non spaventa.

 

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Gianni Zanasi da Vignola, dove è nato nel 1965, sembra arrivare da un lontano pianeta che non conosce la ristrettezza d’orizzonti del cinema italiano. In “War - La guerra desiderata” archivia l’eterno architetto che abita nei film italiani e sceglie come protagonista un allevatore di vongole. Edoardo Leo ha bisogno di un certificato per riavere la patente, e di un altro certificato per le vongole, che ne attesti la superiore qualità. La psicologa Miriam Leone dimentica un timbro, cominciano a rincorrersi. Originale e coraggioso, tra un certificato e l’altro Gianni Zanasi – con Lucio Pellegrini e Michele Pellegrini al copione – fa scoppiare la guerra fra Italia e Spagna. Causa scatenante: l’arresto di turisti spagnoli che ubriachi stuprano e uccidono una ragazza. Gli spagnoli reagiscono, i francesi negano agli italiani che contrattaccano lo spazio aereo.

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I periodi di magra non sono una novità, anni fa avevamo proposto il “battistometro” come metro di misura per giudicare i film italiani. Più spazio per l’attore Giuseppe Battiston – di solito relegato a ruoli da caratterista – più bello il film. Qui il misuratore di Battiston impazzisce, abbiamo un co-protagonista a tutti gli effetti: prima serve le birre, in vista della guerra indossa la divisa paramilitare e la sua noiosa vita ha una svolta. Su e giù dalle camionette, in tuta mimetica, urla ordini e punisce: dalla spillatrice e dal lavaggio bicchieri alla ferocia guerrafondaia. Visionario? Il film è stato scritto nel 2019, spiega Gianni Zanasi: “E’ il futuro che sta andando all’indietro”. Esce il 10 novembre nelle sale, se non mancheranno i soldi per le bollette di luce e riscaldamento.

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