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Angela Lansbury era una di famiglia, non si poteva mangiare senza di lei

Giovanni Battistuzzi

È morta a 96 anni l'attrice che interpretò a lungo il personaggio di Jessica Fletcher in "Murder, she wrote", per noi sempre e soltanto "La signora in giallo". Fu attrice cinematografica apprezzata

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Angela Lansbury era una figura familiare, nonnesca. Ci si era affezionati, come fosse una di famiglia, perché si pranzava spesso con lei, quasi sempre d’estate quando si stava dai nonni. Per un bel po’ di gente che sta oggi tra i venticinque e i quarant’anni è andata così. I vecchi si mettono a tavola presto e sull’Uno, a mezzodì e mezzo, c’era La signora in giallo, e i suoi episodi che magari li si aveva già visti, ma tant’era. Si poteva mica mandare via Jessica Fletcher, era una di casa ormai, un volto familiare, al massimo si metteva in muto, ma non ci poteva essere pranzo coi nonni d’estate senza la faccia di Angela Lansbury, sarebbe mancato qualcosa. E quando sull’Uno smisero di dare gli episodi, si dovette prima cambiare sul Due e poi sul Quattro, che era anche il suo luogo naturale, quello migliore, così non si doveva neppure cambiare dopo Un detective in corsia.

 

Facevano questo i nonni, parecchi nonni, prima il dr. Mark Sloan risolveva i casi del figlio Steve, poi Jessica Fletcher, insegnante in pensione divenuta scrittrice di successo, si intrufolava nei casi di omicidio di Cabot Cove, probabilmente la città più insicura al mondo, prima di portarsi in giro per l’America uccisioni e morte. Volevamo bene anche per questo a Jessica Fletcher, in fondo era una donna parecchio sfortunata.

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Per questo un bel po’ di gente che sta oggi tra i venticinque e i quarant’anni è rimasta male dopo aver appreso della sua morte ieri. Era come se fosse morta una persona che si era abituati a vedere, a cui in fondo si voleva bene senza saperlo davvero. Angela Lansbury non era solo Jessica Fletcher eppure era Jessica Fletcher, e non c’era limitazione, costrizione, diminuzione delle sue doti attoriali e della sua carriera da attrice in tutto ciò. Anzi. Tutto il contrario. Con questo personaggio è entrata nelle case, è riuscita a farsi voler bene, diventare quasi una di famiglia, e non solo farsi apprezzare come attrice: ha superato il limite scenico.

   

Angela Lansbury quando aveva iniziato a recitare nella Signora in giallo aveva cinquantanove anni, stava per abbandonare il cinema. Lo aveva già sostituito con la televisione, e mica perché non riuscisse a trovare più ingaggi, c’erano, ma perché “a una certa età una donna deve fare delle scelte e io ho scelto il teatro, perché mi diverto di più. Il cinema, soprattutto negli Stati Uniti, è ormai inconciliabile con il teatro. La televisione invece no, la televisione va benissimo. Faccio tv per esigenza teatrale ed è meraviglioso”, disse nel 1980, qualche anno prima di diventare l’attrice televisiva più pagata al mondo e lasciare anche il teatro per dedicarsi soltanto alla televisione.

 

I set cinematografici li aveva calcati a lungo. Era stata scelta da grandi registi, a partire da George Cukor, che l’aveva vista recitare e cantare negli spettacoli di cabaret. Nel 1944 le affidò una parte, piccola ma parecchio complessa, quella della cameriera Nancy, in Angoscia. La candidarono agli Oscar come migliore attrice non protagonista. Andò allo stesso modo l’anno successivo quando Albert Lewin la chiamò per la parte di Sibyl Vane nell’adattamento cinematografico, uno dei più riusciti, de Il ritratto di Dorian Gray. Altra grande interpretazione, altra candidatura, e un Golden globe come miglior attrice non protagonista.

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“I premi sono bellissimi, ma non ne posso parlare troppo, sono inglese mica americana”, disse a Esquire qualche mese dopo il premio. Recitò tantissimo in quegli anni, spesso in film assolutamente dimenticabili. “Mia madre era irlandese, mio padre comunista, ma non posso dirlo in America, qui le colpe politiche dei padri sono colpe politiche dei figli. Sono abituata a lavorare molto. E in film carini. Non sono capolavori? Sai che noia lavorare con certi artisti… Mi piacciono le commedie, sono inglese e non mi interessa diventare una diva: non ho la faccia giusta”, disse in un’intervista sul New York Times realizzata da un giovane e sconosciuto Gay Talese.

 

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Anni dopo quando i due si incontrarono di nuovo, lei Signora in giallo e lui apprezzato scrittore, Angela Lansbury lo ringraziò dicendo che il riconoscimento più bello della sua carriera fu quella intervista e di avere ancora quella pagina di giornale. Talese, parecchio imbarazzato, le rispose che quella intervista sbagliarono a firmargliela, che era firmata "Tellese" e che lui la odiò per anni.

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