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Serata di statuette

Gli Emmy ai soliti noti. Buon per noi che sono “White Lotus” e “Succession”

Mariarosa Mancuso

In un panorama affollatissimo come quello delle serie tv, trionfano le opere di Mike White (venti nomination) e di Jesse Armstrong. Netflix vince con “Squid Game”. Premiati anche l'attrice Zendaya (per “Euphoria”) e il comico Jason Sudeikis ("Ted Lasso")

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Qualche giorno dopo il Leone d’oro alla Mostra di Venezia, gli Emmy – Oscar per la tv, quando non eravamo internazionali – hanno scelto la strada opposta. In un panorama affollatissimo –  le serie nuove escono a grappoli e le vecchie proseguono per più stagioni di quanto l’arte della trama consentirebbe – hanno premiato i soliti noti. Storie e personaggi che conosciamo, o di cui almeno abbiamo sentito parlare. 

 

 È nota (e satireggiata) la tendenza degli Emmy a ripetersi. E’ altrettanto nota la mancanza di novità interessanti nel settore seriale. L’ultimo titolo originale e degno di passaparola è stato “White Lotus” di Mike White, produzione Hbo. La storia di una vacanza alle Hawai che finisce malissimo, con una bara sull’aereo del rientro (le vacanze esotiche di questi tempi generano nere fantasie, al cinema faceva da contrappunto “Old” di M. Night Shyamalan). Nata come mini-serie da chiudersi in sei episodi, sull’onda del successo “White Lotus” è diventata una serie antologica: la prossima vacanza sarà in Sicilia, partenza a ottobre. Aveva 20 nomination, Mike White che scrive e dirige da solo porta a casa tre Emmy, con tutta la nostra gratitudine di spettatori amanti del cinismo. In tutto le statuette vinte sono una decina, due per gli attori Jennifer Coolidge e Murray Bartlett (australiano, era il responsabile del lussuoso resort, saprà vendicarsi degli ospiti che lo maltrattano).

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Venticinque nomination aveva “Succession” di Jesse Armstrong, altra serie a cui non si riesce a trovare un difetto (per tre stagioni almeno, la quarta è in lavorazione e non ha una data d’uscita). Ha vinto cinque Emmy, uno come non protagonista per l’attore Matthew MacFadyen che nella serie è l’intruso. Fa parte della famiglia Logan – miliardari, ramo media e comunicazione, incidenti pregressi nel settore “navi da crociera” – perché ha sposato la rossa erede Siobhan. Lotte di potere, fortunatamente senza anelli né elfi né hobbit tra i piedi. Ogni tanto fa bene godersi una storia che prende Shakespeare come modello. Prodotta da Hbo, che ha messo insieme un bottino di 38 statuette, il doppio dell’anno scorso.

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Nel bottino c’è Zendaya, premiata anche quest’anno (fu la prima attrice nera a ottenere il prestigioso premio). La serie “Euphoria” alla sua seconda stagione vince altri cinque Emmy, e continua a portarsi dietro il fastidioso risvolto educativo: alla fine della puntata compare il telefono amico per adolescenti in difficoltà. A noi viene sempre in mentre Brett Easton Ellis, giovanotto debosciato in “Meno di zero”, ora sessantenne molto conservatore.

Fin qui, son tutte serie in Italia su Sky. Apple tv ha vinto per la serie “Ted Lasso”. Premiato anche il comico Jason Sudeikis, allenatore di football americano chiamato a far vincere una squadra di calcio inglese (dopo qualche episodio abbiamo abbandonato, loro sono alla seconda stagione, e minacciano la terza). Netflix ha vinto con “Squid Game” fenomeno mondiale arrivato dalla Corea. Una storia di sopravvivenza non originalissima, adattata con maestria al gusto del giorno.

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