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Cinema, “segnali incoraggianti, ma non basta un sostegno momentaneo". Parla Rutelli, presidente di Anica

Marianna Rizzini

“Dobbiamo agire a livello di dimensione industriale, per non essere facilmente scalabili da realtà più grandi, e a livello di proiezione internazionale, con prodotti all’altezza"

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Roma. La Mostra del Cinema di Venezia si chiude oggi con un sospiro di sollievo: la necessità di distanziamento non ha impedito che si svolgesse, cosa impensabile fino a poco tempo fa. E’ molto, ma non è tutto. Come settore industriale, il cinema si trova in bilico tra ripresa sperata e futuro costellato di ostacoli. Eppure qualcosa è successo, inaspettatamente, e questo qualcosa permette di pensare con ottimismo al futuro “di quello che è più che mai un ecosistema”, dice, dati alla mano, Francesco Rutelli, ex ministro della Cultura ed ex sindaco di Roma che da più di tre anni presiede l’Anica, l’Associazione nazionale delle industrie cinematografiche, televisive e multimediali: “E’ ovvio ed è terribile”, dice: “Rispetto al 2019, dal primo gennaio a oggi, c’è stato un calo del 59 per cento. Ma nelle ultime due settimane, e cioè dal 19 agosto, data in cui i nuovi prodotti sono arrivati nelle sale riaperte, circa il 70 per cento del totale, i segnali sono incoraggianti: in questi quindici giorni, con stadi chiusi, teatri chiusi, concerti quasi inesistenti, sono entrate nelle sale un milione e settecentomila persone. Un numero importante e simbolico, che ci parla del potere di attrazione anche ‘popolare’ del cinema. In sala non vanno soltanto spettatori di nicchia”.

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Roma. La Mostra del Cinema di Venezia si chiude oggi con un sospiro di sollievo: la necessità di distanziamento non ha impedito che si svolgesse, cosa impensabile fino a poco tempo fa. E’ molto, ma non è tutto. Come settore industriale, il cinema si trova in bilico tra ripresa sperata e futuro costellato di ostacoli. Eppure qualcosa è successo, inaspettatamente, e questo qualcosa permette di pensare con ottimismo al futuro “di quello che è più che mai un ecosistema”, dice, dati alla mano, Francesco Rutelli, ex ministro della Cultura ed ex sindaco di Roma che da più di tre anni presiede l’Anica, l’Associazione nazionale delle industrie cinematografiche, televisive e multimediali: “E’ ovvio ed è terribile”, dice: “Rispetto al 2019, dal primo gennaio a oggi, c’è stato un calo del 59 per cento. Ma nelle ultime due settimane, e cioè dal 19 agosto, data in cui i nuovi prodotti sono arrivati nelle sale riaperte, circa il 70 per cento del totale, i segnali sono incoraggianti: in questi quindici giorni, con stadi chiusi, teatri chiusi, concerti quasi inesistenti, sono entrate nelle sale un milione e settecentomila persone. Un numero importante e simbolico, che ci parla del potere di attrazione anche ‘popolare’ del cinema. In sala non vanno soltanto spettatori di nicchia”.

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Quello che colpisce è la diversificazione nei vari pubblici, anche giovanili: “Il film degli youtuber ‘Me contro te’ ha incassato dieci milioni di euro. Il documentario su Chiara Ferragni è andato bene, come sono andati bene i film d’arte sotto l’etichetta Nexodigital”. Il cambiamento nella fruizione è stato accresciuto dal lockdown – il periodo in cui la smart-tv, le piattaforme, persino i telefonini si sono affermati come veicolo alternativo alla sala, con film, serie tv, documentari, videogiochi. Ma, dice Rutelli, “in prospettiva dobbiamo pensare che l’ibridazione nella fruizione è un dato non reversibile, che questa esperienza ha inciso sui comportamenti e sulle scelte e non può non riflettersi sulla produzione. E il processo va guidato”. Come? “Dobbiamo agire a livello di dimensione industriale, per non essere facilmente scalabili da realtà più grandi, e a livello di proiezione internazionale, con prodotti all’altezza. Lungo queste due strade corre la nostra sfida”.

 

Il rischio, dopo il lockdown, era quello della desertificazione culturale e sociale. “Il cinema permette una dimensione di intrattenimento accessibile, e in questo momento, a giudicare dai dati, la sala è considerata un posto sicuro. Vuol dire che a qualcosa è servito lo sforzo di far rispettare le regole – lo si è visto anche a Venezia”. Che cosa vuol dire, oggi, occuparsi dell’intero “ecosistema”? “Intanto aiutando la ripresa del processo produttivo. I set di film e serie tv sono già ripartiti, e la cosa ha del miracoloso. A Venezia molti produttori stranieri ci hanno chiesto, increduli, ‘ma come avete fatto?’. Qui, per lavorare in sicurezza, i produttori debbono affrontare costi aggiuntivi importanti, tra il 10 e il 20 per cento in più, per non parlare di quelli legati all’allungamento dei tempi, ma è stato fatto e lo si farà, lavorando in squadra con le rappresentanze del lavoro e le diverse categorie. Un aiuto è arrivato dalla rimodulazione del meccanismo del tax credit, con alcuni incentivi”.

 

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Negli ultimi anni l’Anica, oltre a integrare nell’associazione la grandi realtà della produzione televisiva (Rai Cinema, Medusa e Sky), ha costruito un rapporto con alcuni nuovi operatori digitali, da Netflix a Timvision a Chili, ai cartoonist e a fine settembre farà da padrone di casa nel corso di “Videocittà”, laboratorio per nuove realtà creative. Ormai il cinema, la tv e le piattaforme sono mondi confinanti. Di fronte a questo panorama, dice Rutelli, si impone con urgenza una domanda: “Che cosa ne sarà dei fondi europei, rispetto alle industrie creative? Mi aspetto che il governo faccia una scelta chiara in direzione di un settore che merita di essere coprotagonista di una strategia di rilancio economico, e non soltanto oggetto di terapia di sostegno momentanea”.

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