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A Venezia si ride poco

Mariarosa Mancuso

Finalmente un po’ di satira ben fatta con “Mainstream”. “Mandibules” è divertente, ma fuori concorso

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Alla Mostra di Venezia va forte “Miss Marx” perché le ragazze da applaudire sono scarse. Il film di Susanna Nicchiarelli – nelle sale dal 17 settembre – apre con titoli di testa psichedelici e chiude con il punk dei Downtown Boys. Dopo una pipata d’oppio, Eleanor Marx scioglie la crocchia e si spoglia dagli abiti vittoriani. Basta per dare un po’ di sapore a un concorso che finora – a dispetto delle molte registe invitate – alle ragazze grintose ha preferito tragedie e drammi. Anche la figlia minore di Karl Marx ha la sua parte di infelicità: parla di socialismo e di donne libere, fa comizi in fabbrica, ma si accompagna al fedifrago Edward Aveling, che l’aveva corteggiata mandandole fiori in quantità (messi in conto alla lega dei socialisti).

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Alla Mostra di Venezia va forte “Miss Marx” perché le ragazze da applaudire sono scarse. Il film di Susanna Nicchiarelli – nelle sale dal 17 settembre – apre con titoli di testa psichedelici e chiude con il punk dei Downtown Boys. Dopo una pipata d’oppio, Eleanor Marx scioglie la crocchia e si spoglia dagli abiti vittoriani. Basta per dare un po’ di sapore a un concorso che finora – a dispetto delle molte registe invitate – alle ragazze grintose ha preferito tragedie e drammi. Anche la figlia minore di Karl Marx ha la sua parte di infelicità: parla di socialismo e di donne libere, fa comizi in fabbrica, ma si accompagna al fedifrago Edward Aveling, che l’aveva corteggiata mandandole fiori in quantità (messi in conto alla lega dei socialisti).

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Più difficile fare il tifo per le due signore di “The World to Come” di Mona Fastvold, regista norvegese – che vive a Brooklyn – arrivata al Lido sotto la sua responsabilità (i produttori la consideravano una mossa rischiosa). Sposate con due buzzurri – siamo nell’America di metà Ottocento, fra tempeste di neve, magri raccolti, feroce solitudine pioniera – si incontrano e scoppia la passione. Già largamente anticipata dagli sguardi assassini e dalla massa di capelli rossi e vaporosi che Vanessa Kirby muove come nella pubblicità del balsamo.

 

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Siamo nell’epoca in cui il sapone non era proprio di uso quotidiano, ma le le camicie sono candide, stirate, inamidate, merlettate. Katherine Waterston è più gattamorta, conosciamo i suoi pensieri perché tiene un diario, letto naturalmente dalla voce fuori campo. Dove abbia imparato a scrivere, con linguaggio da romanziera d’appendice e una quantità di inchiostro esagerata, mentre il marito segna ogni centesimo speso sul libro mastro, il film non lo spiega. Sceneggiato da Jim Shepard, che aveva scritto il racconto, diventerà il nuovo – e più modaiolo – “Brokeback Mountain”.

 

Gia Coppola è doppiamente nipote d’arte, quindi parrebbe raccomandatissima, ma ha portato al Lido il film più contemporaneo. Satira, e della migliore: non prende di mira i nostri nemici – a quello son buoni tutti, e si tratta più che altro di naturale litigiosità umana – ma tutti noi. Noi che annunciamo fieramente sui social di avere fatto una vacanza lontana dai social, perché la vita vera è altrove, mica su uno schermo a contare like e follower.

 

“Mainstream” è il titolo (distributori prendete nota, non comprate sempre e solo film polacchi avviati a raccogliere una manciata di spettatori, salvo poi lamentarsi per il cinema che non è più quello di un tempo). Un giovanotto vestito da topo – l’ex Spider Man Andrew Garfield, mai così bravo – si vanta di non avere lo smartphone e di vivere sconnesso. “Ne va dell’umana dignità”, sbraita su YouTube, con l’aiuto di una barista aspirante cineasta che lo ha scovato e filmato per strada, e gli farà da Pigmalione. I social e le immagini con sovrimpressioni sono di oggi, ma una storia simile l’aveva raccontata Elia Kazan negli anni Cinquanta: il mezzo di comunicazione era la radio, più che sufficiente allo sconosciuto per atteggiarsi a guru e parlare di politica.

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Gran divertimento con “Mandibules” di Quentin Dupieux. Dell’assurdo, come si conviene a un regista che debuttò con “Rubber”, storia di uno pneumatico assassino. Qui abbiamo una mosca. Gigante, occupa da sola il bagagliaio di una macchina e ronza in proporzione. Due amici fuori di testa decidono di addestrarla, e farne una gazza ladra. Fuori concorso, per carità. Fosse mai che scappi una risata, sotto la mascherina da tenere anche a luci spente.

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