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Niente commissioni alla francese. Zuppi delude chi sugli abusi voleva la gogna

Prima conferenza stampa del nuovo presidente della Cei, che assicura un'indagine indipendente ma limitata all'ultimo ventennio

Matteo Matzuzzi

Entro il 18 novembre sarà pubblicato un primo report sulle attività di prevenzione e sui casi d’abuso stilato da due istituti universitari indipendenti. "Ci prenderemo le nostre responsabilità, anche se ce le siamo già prese", ha detto il cardinale

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Roma. Nella sua prima conferenza stampa da presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi affronta subito i temi che più lo faranno penare nel quinquennio che si è aperto martedì con la sua nomina decisa dal Papa: il cammino sinodale e gli abusi. Zuppi ha ribadito che “il cammino della Chiesa italiana è molto importante”, che “cammino sinodale significa anche ascoltare le tante domande e le domande provocano risposte e ci feriscono”. Ci vorrà tempo per procedere su questo fronte, anche perché il Covid ha rallentato tutto. Ma è sulla lotta agli abusi che si è soffermato più a lungo, anche perché incalzato dalle domande dei giornalisti che cercavano rassicurazioni sul lancio di una grande inchiesta che finalmente scoperchiasse altarini e togliesse scheletri infilati negli armadi da cinquanta, sessanta, ottant’anni. Invece, no. Il cardinale ha detto che “il tema va affrontato pensando in primo luogo al dolore delle vittime” e ha annunciato che entro il 18 novembre sarà pubblicato un primo report sulle attività di prevenzione e sui casi d’abuso stilato da due istituti universitari indipendenti. Saranno rafforzate la rete di servizi diocesani per la tutela dei minori e dei vulnerabili e i centri d’ascolto già presenti nelle diocesi, strutture che nella maggioranza dei casi sono guidate già da laici. Sarà poi attivata una collaborazione con la congregazione per la Dottrina della fede, che metterà a disposizione dei due centri indipendenti – che sceglieranno anche le persone deputate a “scavare” negli archivi – la documentazione necessaria al rapporto. Saranno indagati gli ultimi vent’anni, dal 2000 al 2021. “Perché non iniziare dal 1945? Perché è molto più serio così. A noi interessa affrontare le contraddizioni vere, le cose che conosciamo. Giudicare con criteri di oggi fatti di ottant’anni fa, non va bene”. Il neopresidente della Cei ha spiegato che “non abbiamo fatto melina in questi mesi, ma volevamo fare una cosa seria, vera, dovuta alle vittime e a Santa madre Chiesa”. Ma, ha aggiunto, “abbiamo scelto una strada nuova, italiana”.

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Roma. Nella sua prima conferenza stampa da presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi affronta subito i temi che più lo faranno penare nel quinquennio che si è aperto martedì con la sua nomina decisa dal Papa: il cammino sinodale e gli abusi. Zuppi ha ribadito che “il cammino della Chiesa italiana è molto importante”, che “cammino sinodale significa anche ascoltare le tante domande e le domande provocano risposte e ci feriscono”. Ci vorrà tempo per procedere su questo fronte, anche perché il Covid ha rallentato tutto. Ma è sulla lotta agli abusi che si è soffermato più a lungo, anche perché incalzato dalle domande dei giornalisti che cercavano rassicurazioni sul lancio di una grande inchiesta che finalmente scoperchiasse altarini e togliesse scheletri infilati negli armadi da cinquanta, sessanta, ottant’anni. Invece, no. Il cardinale ha detto che “il tema va affrontato pensando in primo luogo al dolore delle vittime” e ha annunciato che entro il 18 novembre sarà pubblicato un primo report sulle attività di prevenzione e sui casi d’abuso stilato da due istituti universitari indipendenti. Saranno rafforzate la rete di servizi diocesani per la tutela dei minori e dei vulnerabili e i centri d’ascolto già presenti nelle diocesi, strutture che nella maggioranza dei casi sono guidate già da laici. Sarà poi attivata una collaborazione con la congregazione per la Dottrina della fede, che metterà a disposizione dei due centri indipendenti – che sceglieranno anche le persone deputate a “scavare” negli archivi – la documentazione necessaria al rapporto. Saranno indagati gli ultimi vent’anni, dal 2000 al 2021. “Perché non iniziare dal 1945? Perché è molto più serio così. A noi interessa affrontare le contraddizioni vere, le cose che conosciamo. Giudicare con criteri di oggi fatti di ottant’anni fa, non va bene”. Il neopresidente della Cei ha spiegato che “non abbiamo fatto melina in questi mesi, ma volevamo fare una cosa seria, vera, dovuta alle vittime e a Santa madre Chiesa”. Ma, ha aggiunto, “abbiamo scelto una strada nuova, italiana”.

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Niente presa in prestito di modelli già sperimentati anche in paesi a noi vicini. Perché non si copia la Francia, che lo scorso autunno ha pubblicato il rapporto Sauvè che ha dato il là a risarcimenti, mea culpa corali sulla base anche di denunce anonime inviate online? “Alcuni dati possono essere davvero discutibili, come si è visto  in Francia, e noi non vogliamo discutere. Ci prenderemo le nostre responsabilità, che comunque ci siamo già presi”, ha chiosato Zuppi. Insomma, niente concessioni a chi attende solo la pubblica gogna per la Chiesa: gli abusi vanno accertati e puniti, evitando i due rischi che il cardinale sottolinea: “La minimizzazione e l’amplificazione” del fenomeno. Ricordando, tra l’altro, che il novanta per cento degli abusi avviene in famiglia. E ripete: “Noi facciamo una cosa seria”. Non nega diversità di vedute tra i vescovi – all’Assemblea generale erano 223, che vi siano opinioni varie è normale – ma assicura che nessuno si è opposto al percorso stabilito.

 

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Quanto al resto, alla domanda su cosa pensi sul suicidio assistito, mons. Zuppi si è limitato a dire che “la dottrina della Chiesa è chiarissima al riguardo”, rimandando l’approfondimento della questione al futuro, non a una conferenza stampa d’inizio mandato. Che non si prospetta per nulla semplice. 

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