Il Vaticano denuncia l'Italia: "A rischio la libertà della Chiesa"

Matteo Matzuzzi

Non era mai accaduto che la Santa Sede intervenisse nell'iter di approvazione di una legge italiana. Oggi Draghi cercherà di spegnere l’incendio

Il ddl Zan vìola l’accordo di revisione del Concordato, il che mette a repentaglio le buone relazioni tra la Santa Sede e l’Italia. Questo è quanto si sostiene in Vaticano.  Non si arriverà alla rottura, ovviamente, ma quanto accaduto lo scorso 17 giugno e rivelato ieri dal Corriere della Sera è un fatto storico: per la prima volta, la Santa Sede protesta ufficialmente e al massimo livello diplomatico possibile con il governo italiano, lamentando la messa in discussione del Concordato. La Nota verbale della Segreteria di stato è stata consegnata “informalmente” all’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede il 17 giugno 2021, ha fatto sapere la Sala stampa all’agenzia Ansa. L’obiettivo dichiarato non è quello di bloccare il disegno di legge, ma di rimodularlo “in modo che la Chiesa possa continuare a svolgere la sua azione pastorale, educativa e sociale liberamente”. La Nota è circostanziata. Scrive l’Osservatore Romano: “Alcuni contenuti della proposta di legge riducono la libertà garantita alla Chiesa cattolica in tema di organizzazione, di pubblico esercizio di culto, di esercizio del magistero e del ministero episcopale, ovvero quelle libertà sancite dall’articolo 2, ai commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato del 1984”. Nel documento consegnato dal Vaticano prosegue il giornale d’oltretevere, “si rileva come il ddl Zan rischi di interferire, fra l’altro, con il diritto dei cattolici e delle loro associazioni e organizzazioni alla piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Immediate le reazioni: il radicale Marco Cappato ha invocato l’abolizione del Concordato, mentre il deputato Alessandro Zan ribadisce che “non ci può essere alcuna ingerenza estera nelle prerogative di un Parlamento sovrano”. Il premier Mario Draghi fa sapere che quel che pensa lo dirà oggi in Parlamento. Ma anche sul lato ecclesiastico non sono mancati i commenti.

 

Il primo a parlare è stato mons. Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia-Sanremo e da sempre in prima fila contro il provvedimento all’esame delle Camere: la mossa vaticana, dice, è un atto opportuno fatto da chi ha competenza per farlo. Noi tutti, sia fedeli che pastori, usufruiamo di quanto disposto dal Concordato, però il Concordato, essendo un patto bilaterale, richiede come contraenti da una parte lo stato e dall’altro la Santa Sede. Non si procede unilateralmente, sarebbe una violazione del patto”. Mons. Suetta non vuol sentire parlare di negoziati e compromessi: “Per me non c’è nulla da contrattare nel merito perché la Chiesa, della teoria gender,  non può accettare assolutamente nulla”, ha detto all’AdnKronos, aggiugendo di “sperare” e “ritenere giusto” che il provvedimento venga affossato definitivamente. 

 

Nei Sacri Palazzi l’evento ha fatto rumore, ben pochi se l’aspettavano. Ma ieri qualcuno notava come ci sia un altro problema, non di minore importanza: come mai un documento così importante e delicato, consegnato direttamente dal rappresentante della Segreteria di stato per i Rapporti con gli stati, mons. Paul Richard Gallagher, è finito sui giornali? Il clima da caos imperante riporta in auge la stagione dei corvi dei documenti riservati dati in pasto alla stampa. Il risultato è l’ennesimo colpo al pontificato in questo giugno nerissimo. 

 

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.