Il cardinale Reinhard Marx (LaPresse)  

Il pugno del cardinale Marx fa scattare la resa dei conti nella Chiesa. Il Papa che fa?

Il presidente della Conferenza episcopale tedesca si dice sotto shock per le dimissioni del confratello e si dice d'accordo con lui: "Chiesa a un punto morto"

Matteo Matzuzzi

Volano gli stracci tra i vescovi tedeschi, che avvertono Roma: indietro non si torna e il celibato sacerdotale va discusso. Crisi aperta

Che ci sia molto di più rispetto al grave tema degli abusi sessuali dietro alla decisione del cardinale Reinhard Marx di dimettersi dalla guida della diocesi di Monaco e Frisinga lo ammette lo stesso leader dei vescovi tedeschi. Intervistato dal canale televisivo Ardmediathek (la traduzione in italiano è opera della rivista il Regno), mons. Georg Bätzing si dice scioccato dalla decisione del confratello ma non parla mai dello scandalo che avrebbe motivato tale scelta. Il fatto è che la posta in gioco è ben più alta e gli abusi, con i rapporti diocesani sugli insabbiamenti, rappresentano solo uno dei temi che squassano la Chiesa a nord delle Alpi. In Germania si è arrivati allo scontro finale tra due visioni di Chiesa, tra due modelli contrapposti. “Siamo in un punto di crisi fondamentale delle Chiese, una crisi di credibilità, si tratta di problemi di natura sistemica, che devono essere risolti a livello sistemico”, dice il presidente della Conferenza episcopale, riprendendo  i temi all’ordine del giorno del Sinodo biennale “vincolante” che ha ricevuto tre richiami da Roma (dal Papa, dal prefetto della congregazione per i Vescovi, il cardinale Ouellet, e dal presidente del Pontificio consiglio per i Testi legislativi, mons. Iannone). 

 

In discussione c’è anche il celibato sacerdotale: “Deve necessariamente essere collegato all’ordinazione sacerdotale? Non è necessario. Anche la Chiesa lo sa. Ma ci sono decisioni da prendere”.   L’unica strada per risolvere la crisi sistemica è il Sinodo permanente, dicono dalla Germania; indietro non si torna e – come ebbe a dire a cavallo della doppia assemblea sulla famiglia del 2014-’15  lo stesso Marx – “non sarà Roma a dirci come dobbiamo comportarci in Germania”. In questo senso la rinuncia del potente cardinale, che è uno stretto e apprezzato consigliere di Francesco, rappresenta una mina sul pontificato: pur non tirando in mezzo il Papa in merito allo stallo corrente e non addebitando alcuna responsabilità a Francesco per il fatto che la Chiesa “è a punto morto”, il suo gesto mettono in difficoltà Roma: cosa può fare il Pontefice davanti alla resa del più in vista tra i vescovi tedeschi che di fatto sostiene non esserci una terza via tra l’aggiornamento ex Sinodo e il crollo totale?  

 

Di certo la Chiesa tedesca è alla resa dei conti interna: Marx se ne va rendendo ancora più precaria la posizione del cardinale arcivescovo di Colonia, il conservatore Rainer Maria Woelki, chiamato a rendere conto di alcune scelte (sue, di ex collaboratori e di predecessori) in merito alle coperture di sacerdoti abusatori. Il Papa ha incaricato due visitatori indipendenti di fare luce sullo stato delle cose, indebolendo ulteriormente il ruolo di Woelki quale principale argine alle derive “innovative” oggetto di discussione al Sinodo tedesco. Qualche osservatore, appena saputo delle dimissioni di Marx, aveva previsto analogo comportamento da parte dell’arcivescovo di Colonia, ma è mons. Bätzing a dire che ora è troppo tardi: “Ora lì si applicano leggi diverse, è in corso una visita apostolica. Il momento è passato”. Di certo, dopo aver concesso autorità dottrinale alle conferenze episcopali nazionali, il Papa sarà chiamato a intervenire in maniera ancora più diretta sul percorso sinodale in svolgimento in Germania. O fermandolo dato l’ordine del giorno o avallandolo. O la linea-Marx è valida o non lo è.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.