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L'intervista

"Giù le mani da Giovanni Paolo II". Parla Ruini

"Chi mette in dubbio la santità di Karol Wojtyla, e ci sono anche diversi cattolici, non sa quel che dice". Intervista all'ex presidente della Cei

Matteo Matzuzzi

Il Rapporto McCarrick, il governo di Giovanni Paolo II, i suoi collaboratori (a cominciare da Dziwisz). Giovanni Paolo II è diventato santo troppo presto? "No, ecco perché"

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Il New York Times scrive che Giovanni Paolo II è stato fatto santo troppo presto, il National Catholic Reporter invita a sopprimerne il culto in America. Anziché su Theodore McCarrick, il Rapporto a lui dedicato e contenente in 447 pagine tutte le malefatte dell’ex arcivescovo di Washington, lo sguardo degli osservatori è andato subito a Karol Wojtyla, cercando il suo nome nell’imponente documento pubblicato una settimana fa dal Vaticano. Sapeva o non sapeva, Giovanni Paolo II, chi era in realtà McCarrick? E se lo sapeva, perché l’ha promosso alla sede di Washington con tanto di berretta cardinalizia? Camillo Ruini, cardinale, è stato per due decenni stretto collaboratore del Pontefice polacco, vicario di Roma e presidente della Cei. A lui chiediamo di commentare quanto si sta scrivendo e dicendo circa Karol Wojtyla.

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Il New York Times scrive che Giovanni Paolo II è stato fatto santo troppo presto, il National Catholic Reporter invita a sopprimerne il culto in America. Anziché su Theodore McCarrick, il Rapporto a lui dedicato e contenente in 447 pagine tutte le malefatte dell’ex arcivescovo di Washington, lo sguardo degli osservatori è andato subito a Karol Wojtyla, cercando il suo nome nell’imponente documento pubblicato una settimana fa dal Vaticano. Sapeva o non sapeva, Giovanni Paolo II, chi era in realtà McCarrick? E se lo sapeva, perché l’ha promosso alla sede di Washington con tanto di berretta cardinalizia? Camillo Ruini, cardinale, è stato per due decenni stretto collaboratore del Pontefice polacco, vicario di Roma e presidente della Cei. A lui chiediamo di commentare quanto si sta scrivendo e dicendo circa Karol Wojtyla.

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Cominciamo da quanto scrive il New York Times: in effetti, il processo di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II è iniziato subito dopo la sua morte, nel 2005, senza attendere i cinque anni prescritti. Perché si è proceduto così? “Ricordiamo tutti la sera della morte di Giovanni Paolo II, l’enorme folla radunatasi, la commozione, il grido ‘santo subito’. Poi la gigantesca partecipazione di popolo culminata nel funerale a cui hanno partecipato anche tanti capi di stato: è stato un apogeo della Chiesa cattolica, nel quale è difficile non vedere la mano di Dio. Il cardinale Tomko ha preso l’iniziativa di raccogliere le firme dei cardinali che intendevano chiedere al futuro Papa di dispensare dall’attesa di cinque anni: hanno firmato in più di ottanta. Tomko ha consegnato a me, come cardinale vicario, la petizione. Nella prima udienza concessami da Benedetto XVI gliel’ho presentata e il nuovo Papa ha subito acconsentito. Per il resto il processo di beatificazione, e poi quello di canonizzazione, si sono svolti con assoluta regolarità, nel rispetto di tutte le norme. La rapidità con cui si è giunti alla canonizzazione dipende in larga misura dal fatto che, sia per la beatificazione sia per la canonizzazione, non si è dovuto attendere nemmeno un giorno per avere a disposizione i miracoli richiesti dalle norme, e quali miracoli! Così il 1° maggio 2011 Giovanni Paolo II è stato proclamato Beato da Benedetto XVI e il 27 aprile 2014 è stato proclamato Santo da Papa Francesco, insieme a Giovanni XXIII. Il culto di san Giovanni Paolo II è quanto mai vivo e diffuso, come dimostrano anche i tanti pellegrini che vanno a pregare alla sua tomba”.

 

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Cosa si sente di dire quando viene messa in dubbio la “santità” di Giovanni Paolo II? “Essendo stato per quasi vent’anni a stretto contatto di Giovanni Paolo II ho maturato progressivamente la convinzione di avere a che fare con un grande santo, oltre che con un grande uomo. Mi ha colpito fin dall’inizio l’intensità della sua preghiera: vi si immergeva subito e totalmente, appena le circostanze lo permettevano, e niente di ciò che accadeva all’intorno lo distraeva. Mi stupiva la sua straordinaria capacità di perdonare: mi capitava spesso di dovergli segnalare opposizioni, anche molto aspre, alla linea del suo pontificato e alla sua stessa persona. La reazione del Papa era rivolta anzitutto a comprendere e in qualche misura a giustificare queste opposizioni, mai a ipotizzare ritorsioni. Giovanni Paolo II era totalmente distaccato dai beni terreni, alle sue cose personali provvedeva la carità di qualche buona persona. Era invece quanto mai sollecito di aiutare i poveri, a cominciare dai ‘popoli della fame’, ad esempio quelli del Sahel. Chi mette in dubbio la sua santità è accecato dai preconcetti e non sa quello che dice. Dispiace  soprattutto quando sono dei cattolici a prendere tali posizioni”. 

   
Però, anche leggendo il Rapporto su McCarrick, si possono capire le sottolineature che rilevano una certa superficialità da parte di Wojtyla. Molti sostengono che questa superficialità era il modus operandi in relazione al governo della curia e alle nomine episcopali. Dal Rapporto sembrerebbe di vedere un Papa che delegava troppo ai suoi collaboratori. “Giovanni Paolo II – dice il cardinale Camillo Ruini al Foglio –  sceglieva con cura i suoi più stretti collaboratori e dava loro grande fiducia, era tutt’altro che un accentratore. Per lui accentrare era il modo più sicuro per sbagliare e per trascurare ciò che è essenziale. Al tempo stesso aveva un senso altissimo della propria responsabilità e della propria missione, pienamente compresa la dimensione del governo. Quando si trattava di decisioni importanti, come sono certamente le nomine dei vescovi, specialmente di quelli delle grandi sedi, era solito prendere tempo prima di decidere e dedicava questo tempo alla preghiera e alla riflessione. Non entro nella questione della nomina di McCarrick, perché non la conosco e non vi ho preso parte, dato che esulava dai miei compiti che riguardavano la diocesi di Roma e la Chiesa italiana. Posso dire però che accusare Giovanni Paolo II di superficialità è falso e profondamente ingiusto: niente, nel suo modo di essere e di operare, era superficiale”. 

  
Tra i collaboratori, al centro delle polemiche c’è il cardinale Stanislaw Dziwisz, che fu segretario particolare di Giovanni Paolo II. Non sono pochi coloro che sostengono che sarebbe lui il responsabile di tante scelte compiute da Giovanni Paolo II, a cominciare proprio dalla decisione di mandare McCarrick a Washington. Che influenza aveva mons. Dziwisz sul Pontefice polacco? “Il cardinale Dziwisz, allora don Stanislao per tutti noi stretti collaboratori del Papa, è un prete vero, dedito fino in fondo al suo ministero. Verso Giovanni Paolo II è stato totalmente fedele. Il Papa si fidava molto di lui ritenendolo, ben a ragione, un prezioso e sempre leale aiuto. Ricordo però un episodio, accaduto nel gennaio 2005, nel quale il Papa contraddisse con molta energia don Stanislao. Lo cito per mettere in chiaro che l’influsso di don Stanislao, anche nell’ultimo periodo del pontificato, non era tale da sovvertire i ruoli: chi decideva era il Papa. E lo stesso don Stanislao non avrebbe mai voluto che le cose stessero diversamente”.

 

Ma è credibile la tesi secondo cui Giovanni Paolo II sarebbe stato intimidito dall’esuberanza e dalla potenza di McCarrick? “Pensare che McCarrick, o anche persone molto più importanti di lui, potessero intimidire Giovanni Paolo II è semplicemente ridicolo. E’ rimasta celebre la sua frase di inizio del pontificato, ‘Non abbiate paura’, e personalmente Giovanni Paolo II non aveva paura di nessuno sulla terra. In tante circostanze ho potuto constatare che il coraggio, sia fisico sia morale, era in lui qualcosa di naturale. Il non aver paura e il non farsi intimidire andavano di pari passo con una grande attenzione e un grande rispetto per ciascuna persona, comprese le più umili, e a maggior ragione per i vescovi: per questo Giovanni Paolo II era molto prudente nel prendere per buone le accuse contro le persone”. 

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Lei (non da solo) ha sempre detto che Giovanni Paolo II era un uomo capace di raccogliersi per ore in preghiera. Domando: è pensabile che non ponderasse bene le proprie scelte?  “Questa domanda mi dà la possibilità di ritornare su un aspetto a cui già accennavo e di approfondirlo un poco. Nelle sue scelte questo Papa si poneva davanti a Dio e le decisioni le prendeva non solo in coscienza ma al cospetto di Dio. Tutto ciò non significa che l’una o l’altra decisione non potesse essere di fatto sbagliata. Esclude però che fosse una decisione poco responsabile e presa alla leggera. Ho avuto la fortuna di essere per tanti anni vicino a Giovanni Paolo II e ho avvertito sempre più che egli viveva e agiva tenendosi unito al Signore”.

 

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Cosa risponde a quanti sostengono che sarebbe preferibile attendere alcuni decenni prima di considerare la canonizzazione di un Pontefice? Dopotutto, per secoli non è stato iscritto nel catalogo dei Santi alcun Papa… “E’ vero che da Pio X in poi gran parte dei pontefici è stata canonizzata, mentre prima per molti secoli ciò accadeva di rado: uno dei motivi è che parecchi papi sono stati tutt’altro che esemplari. E’ altrettanto vero però che dall’inizio fino all’VIII secolo quasi tutti i papi sono santi, come attesta l’Annuario pontificio. Tra i Pontefici recentemente canonizzati l’unico giunto a questo traguardo in soli nove anni è stato Giovanni Paolo II, per i motivi che ho detto. Per tutti gli altri si sono impiegati alcuni decenni, come oggi da qualche parte viene auspicato. Il mio personale parere è che i papi quanto alla santità vadano considerati, nella misura del possibile, come ogni altro membro della Chiesa, senza corsie preferenziali e senza penalizzazioni”.

 

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