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editoriali

Il brindisi vaticano con Lukashenka

Congratulazioni a Biden e al dittatore bielorusso. Doppio binario? No, solo realpolitik

Matteo Matzuzzi

L'atteggiamento soft della Santa Sede turba la comunità cattolica locale, privata del suo vescovo, mons. Tadeusz Kondrusiewicz, che da agosto non può rientrare a Minsk per ordine del capo dello stato

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Il Papa, come fanno i leader che conoscono un minimo di protocollo diplomatico e di buone maniere, si è congratulato con Joe Biden per l’elezione a presidente degli Stati Uniti. Una conversazione cordiale, come subito è stato sottolineato dal team di colui che dal prossimo 20 gennaio succederà a Donald Trump, con tanto di argomenti discussi. E’ il segnale, s’è detto, che in Vaticano si sa bene chi considerare vincente e chi perdente. Il riconoscimento bergogliano di Biden ha avuto vasta eco, come è ovvio e giusto che sia.

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Il Papa, come fanno i leader che conoscono un minimo di protocollo diplomatico e di buone maniere, si è congratulato con Joe Biden per l’elezione a presidente degli Stati Uniti. Una conversazione cordiale, come subito è stato sottolineato dal team di colui che dal prossimo 20 gennaio succederà a Donald Trump, con tanto di argomenti discussi. E’ il segnale, s’è detto, che in Vaticano si sa bene chi considerare vincente e chi perdente. Il riconoscimento bergogliano di Biden ha avuto vasta eco, come è ovvio e giusto che sia.

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Minore, per non dire nulla, è invece la risonanza che sta avendo la “particolare” gestione da parte della Santa Sede del caso bielorusso. Il presidente-tiranno Aljaksandr Lukashenka accoglie il nunzio Ante Jozic con tanto di brindisi, fa sapere che il Papa si è congratulato per la sua rielezione e aggiunge che lui ha conosciuto “tanti papi di Roma, ma questo è il migliore”. Da Roma, silenzio. Silenzio che turba la comunità cattolica locale, privata del suo vescovo, mons. Tadeusz Kondrusiewicz, che da agosto non può rientrare a Minsk per ordine del capo dello stato. Flebile, fin dall’inizio, la risposta della Santa Sede, che non solo fa sapere per canali non ufficiali che la crisi si potrà risolvere con il pensionamento di Kondrusiewicz, prossimo ai 75 anni, ma addirittura consente al nuovo nunzio di brindare con Lukashenka  senza che non una precisazione  sul modus operandi del presidente bielorusso  venga fatta. Soprattutto considerando che Lukashenka ha accusato “i cattolici” di “cospirare per la distruzione del nostro paese”. A settembre, poi, a Minsk s’è recato il segretario per i Rapporti con gli stati, mons. Paul R. Gallagher, “per manifestare l’attenzione e la vicinanza del Santo Padre alla chiesa cattolica e all’intero paese, un conforto importante in questo momento di serie difficoltà” (così i media vaticani).

 

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Doppio binario? No. E’ la conferma che la linea politica che segue il pontificato di Francesco (o meglio, la sua Segreteria di stato) è quella improntata al realismo più puro. Una sorta di riedizione della Ostpolitik novecentesca che sovente, con lo sguardo rivolto a un orizzonte lontano e al fine ultimo da ottenere, passa sopra i drammi contingenti. Lo si è visto con la Cina, lo si vede ora con la Bielorussia. Non un grande affare. 

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