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Biden non convince troppo i cattolici americani

Il 50 per cento dell'elettorato cattolico ha premiato Donald Trump, il 49 ha scelto l'ex vicepresidente di Obama. Ed è un problema anche per la chiesa locale

Matteo Matzuzzi

L'Osservatore Romano si schiera: "Vittoria di Biden e guerra di Trump", mentre i vescovi americani dovranno gestire un popolo diviso esattamente a metà

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Meno della metà dei cattolici ha votato colui che dal prossimo 20 gennaio sarà il secondo presidente cattolico nella storia degli Stati Uniti dopo John Fitzgerald Kennedy. Il 50 per cento dei cattolici americani ha scelto Donald Trump, il 49 ha optato per Joe Biden. Una spaccatura che riflette quella che si vede nella chiesa cattolica, ha detto ad America magazine, la rivista dei gesuiti della East Coast, David Gibson, direttore del Center on Religion and Culture della Fordham University. E questo, ha aggiunto, è un problema. Non solo per la politica statunitense, ma anche per le locali gerarchie cattoliche, che si troveranno a governare una realtà divisa a metà come una mela. Se 50-49 per cento è il dato complessivo, andando a guardare più nel dettaglio i dati si scopre che mentre il 57 per cento dell’elettorato “bianco” cattolico ha scelto il presidente uscente e il 42 Biden, al contrario solo il 32 per cento dei cattolici ispanici ha dato fiducia a Trump (il 67 per cento ha scelto l’ex vice di Barack Obama). Risultati che “mostrano quanto la chiesa sia divisa come lo è la nazione, anche se la reale spaccatura è su base razziale ed etnica e non teologica”, continua Gibson. Poco rileva il fatto che quattro anni fa Trump avesse ottenuto cifre più alte (lo aveva votato il 64 per cento dei cattolici), dal momento che dall’altra parte c’era l’invotabile Hillary Clinton. Uno zoccolo duro, insomma, che ha preferito Donald a Francesco, i muri ai ponti, il conservatorismo all’agenda più sociale che da Roma – “La vittoria di Biden, la guerra di Trump”, titola oggi l’Osservatore Romano –  cercano di instillare nella chiesa americana, a forza di porpore progressiste e new deal episcopale

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Meno della metà dei cattolici ha votato colui che dal prossimo 20 gennaio sarà il secondo presidente cattolico nella storia degli Stati Uniti dopo John Fitzgerald Kennedy. Il 50 per cento dei cattolici americani ha scelto Donald Trump, il 49 ha optato per Joe Biden. Una spaccatura che riflette quella che si vede nella chiesa cattolica, ha detto ad America magazine, la rivista dei gesuiti della East Coast, David Gibson, direttore del Center on Religion and Culture della Fordham University. E questo, ha aggiunto, è un problema. Non solo per la politica statunitense, ma anche per le locali gerarchie cattoliche, che si troveranno a governare una realtà divisa a metà come una mela. Se 50-49 per cento è il dato complessivo, andando a guardare più nel dettaglio i dati si scopre che mentre il 57 per cento dell’elettorato “bianco” cattolico ha scelto il presidente uscente e il 42 Biden, al contrario solo il 32 per cento dei cattolici ispanici ha dato fiducia a Trump (il 67 per cento ha scelto l’ex vice di Barack Obama). Risultati che “mostrano quanto la chiesa sia divisa come lo è la nazione, anche se la reale spaccatura è su base razziale ed etnica e non teologica”, continua Gibson. Poco rileva il fatto che quattro anni fa Trump avesse ottenuto cifre più alte (lo aveva votato il 64 per cento dei cattolici), dal momento che dall’altra parte c’era l’invotabile Hillary Clinton. Uno zoccolo duro, insomma, che ha preferito Donald a Francesco, i muri ai ponti, il conservatorismo all’agenda più sociale che da Roma – “La vittoria di Biden, la guerra di Trump”, titola oggi l’Osservatore Romano –  cercano di instillare nella chiesa americana, a forza di porpore progressiste e new deal episcopale

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La maggioranza, seppure di poco, resta con i repubblicani. Le previsioni della vigilia che davano fino a sette-otto punti di vantaggio a Biden tra l’elettorato bianco cattolico, soprattutto tra quello della Rust Belt che quattro anni fa accettò di scommettere su Trump, sono state smentite: in Pennsylvania, il 55 per cento dei cattolici ha votato il presidente uscente e solo il 43 per Biden, che pure in Pennsylvania (a Scranton) è nato.  Niente “effetto Francesco”, dunque: le politiche dell’Amministrazione uscente in palese contrasto con Roma su immigrazione, pena di morte, agenda economica e cambiamenti climatici,  nell’urna elettorale hanno lasciato pochi strascichi. “La maggior parte dei cattolici americani non presta molta attenzione a quel che accade in Vaticano e non bisogna credere che vi siano dunque collegamenti causa-effetto”, ha detto al portale Crux Ryan Burge, docente di Scienza politica alla Eastern Illinois University. Semmai, a determinare la tenuta trumpiana è stata la linea pro life seguita dall’Amministrazione, più per legittimi calcoli elettorali che per personale convinzione del presidente uscente: “L’opposizione all’aborto è stata la ragione-chiave che ha portato molti cattolici a votare Trump, il che è significativo visto che il cattolico in gara era Biden”, ha detto Kristan Hawkins, membro del gruppo “Cattolici per Trump”. Dall’altra parte, Michael Wear, già consigliere di Barack Obama, si è detto convinto che “la campagna di Biden focalizzata sull’elettorato religioso – compresa la mole di spot pubblicitari che ricordavano la fede cattolica dell’ex vicepresidente – ha dato i suoi frutti”.

 

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Uno degli obiettivi del candidato democratico, ha aggiunto Wear, era proprio quello di minare il sostegno dei cristiani a Trump. Gibson avvertiva che i problemi arrivano ora, con le gerarchie cattoliche costrette a gestire una situazione ingarbugliata: l’elettorato polarizzato, un presidente eletto cattolico e uno uscente che ha avuto la maggioranza del voto dei cattolici ma che non ha alcuna intenzione di farsi da parte con stile. Il tutto è reso ancora più complicato dalle divisioni nell’episcopato americano, con la vecchia guardia ancora legata alla stagione del conservatorismo muscolare e delle relative Culture War (e che dunque non si fida troppo dell’accoppiata liberal Biden-Harris), e la nuova che tenta di farsi strada brandendo il vessillo della rivoluzione bergogliana, più attenta alle questioni sociali che alle battaglie sui cosiddetti princìpi non negoziabili.    

 

E’ andata abbastanza bene sul fronte cattolico, male su quello evangelico: qui otto su dieci hanno votato repubblicano e di certo la scelta di nominare Amy Coney Barrett alla Corte suprema un ruolo l’ha giocato nel mobilitare la base religiosa. Biden, invece, è andato forte tra gli ebrei (l’ha scelto il 68 per cento) e tra i musulmani (per lui si è espresso il 64 per cento).
 

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