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Il Papa prepara il Conclave

Tanti italiani, poche periferie. I nuovi cardinali scelti da Francesco hanno in comune una cosa: la totale e manifesta adesione all'agenda papale. Il rischio è l'impoverimento dialettico del Collegio

Matteo Matzuzzi

E' la prova delle difficoltà del pontificato: Bergoglio serra i ranghi e punta su uomini fidatissimi. Il tutto mentre gli organi di stampa del Vaticano cedono alla retorica delle “periferie del mondo”. Quando nella lista ci sono l’arcivescovo di Siena, il custode del Sacro convento d’Assisi e il parroco del Divino Amore

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Con il pontificato bloccato nelle sabbie mobili di scandali più o meno seri, porporati dimezzati, consulenti arrestate, filmati manomessi e accordi con il regime cinese rinnovati sempre sub secreto, il Papa puntella il futuro Conclave. A scorrere la lista dei tredici cardinali che Francesco creerà in occasione del prossimo concistoro di fine novembre (nove elettori e quattro ultraottantenni), appare evidente l’intenzione di serrare i ranghi. Nove elettori che in comune hanno la totale e manifesta condivisione dell’agenda impostata nel 2013 da Jorge Mario Bergoglio.

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Con il pontificato bloccato nelle sabbie mobili di scandali più o meno seri, porporati dimezzati, consulenti arrestate, filmati manomessi e accordi con il regime cinese rinnovati sempre sub secreto, il Papa puntella il futuro Conclave. A scorrere la lista dei tredici cardinali che Francesco creerà in occasione del prossimo concistoro di fine novembre (nove elettori e quattro ultraottantenni), appare evidente l’intenzione di serrare i ranghi. Nove elettori che in comune hanno la totale e manifesta condivisione dell’agenda impostata nel 2013 da Jorge Mario Bergoglio.

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Ed è questo l’elemento che caratterizza le scelte del Pontefice regnante rispetto alla composizione del Collegio. Non sono ammessi punti di vista contrari alla linea data o quanto meno non sovrapponibili alla narrazione dominante. Fuori Los Angeles, diocesi più vasta degli Stati Uniti retta attualmente da un vescovo ispanico che è pro tempore il presidente della Conferenza episcopale. Fuori Parigi, fuori ancora Milano. In questi ultimi due casi, si dirà che gli emeriti sono ancora elettori ma si è già visto in passato – e lo si vedrà a novembre, quando Santiago del Cile avrà due cardinali con diritto di voto – che questa è solo una prassi neppure troppo seguita. Dentro il vicario del Brunei e una pletora di italiani (sono sei su tredici, tipico esempio di concistoro pre conciliare). Il tutto mentre gli organi di stampa del Vaticano cedono per l’ennesima volta alla retorica delle “periferie del mondo”. Quando nella lista c’è l’arcivescovo di Siena, il custode del Sacro convento d’Assisi e il parroco del Divino Amore (che è periferia sì, ma di Roma).

 

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Francesco, in tutti i suoi concistori, ha scelto la strada della fedeltà (a se stesso, all’agenda, all’idea che ha di chiesa, a dimostrazione che un programma ce l’ha eccome). Ha fatto a meno, legittimamente, del criterio dell’equilibrio che i suoi predecessori hanno cercato di seguire sempre, dando la berretta anche a vescovi con un orientamento pastorale diametralmente opposto. Reinhard Marx, tanto per fare un nome, è stato creato cardinale da Benedetto XVI. Walter Kasper e Karl Lehmann da Giovanni Paolo II. Le creazioni cardinalizie sono un atto politico, visto che colui che riceve la porpora – se non ancora ottantenne – andrà a votare per la scelta del Pontefice quando se ne creeranno le condizioni. In passato si cercava  di garantire una rappresentanza la più ampia possibile ai vari orientamenti presenti nella chiesa, al punto da rendere animate e dinamiche le discussioni e i confronti durante le congregazioni generali del pre Conclave. Ora si è scelta una strada diversa, lecita ma di rottura: accede al Collegio solo chi è  in linea con il programma papale. Il rischio, neanche troppo basso, è di impoverire il plenum che sarà chiamato a eleggere il successore di Francesco. 

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