PUBBLICITÁ

Capitalismo e non solo

Così il Papa smonta le teorie di Francesco

Si possono combattere solo a metà i nemici della società aperta? Ci si può opporre al populismo facendo proprie le idee economiche dei populisti? Perché l’enciclica di Bergoglio aiuta a smontare la dottrina economica del suo Pontificato

Claudio Cerasa

Combattere la  chiusura, come chiede il Papa, significa chiedere di combattere anche chi, come il Papa, invita a diffidare in economia della società aperta. Perché l’enciclica di Francesco aiuta a smontare la dottrina economica del suo Pontificato (con una sorpresa sul lavoro e una stoccata contro la politica che vive di sussidi)

PUBBLICITÁ

L’enciclica appena data alle stampe da Papa Francesco è un poderoso malloppo che meriterebbe di essere trattato dai giornali con un’attenzione forse non inferiore rispetto a quella solitamente dedicata ai libri di Fabio Volo. L’enciclica di Francesco è importante da mettere a fuoco perché, nello spazio agile di 260 mila battute, riesce a inquadrare bene sia quali sono le idee che si trovano alla radice della dottrina economica incarnata da questo pontificato sia quali sono le ragioni che rendono estremamente deboli le idee economiche incarnate da questo pontificato.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


L’enciclica appena data alle stampe da Papa Francesco è un poderoso malloppo che meriterebbe di essere trattato dai giornali con un’attenzione forse non inferiore rispetto a quella solitamente dedicata ai libri di Fabio Volo. L’enciclica di Francesco è importante da mettere a fuoco perché, nello spazio agile di 260 mila battute, riesce a inquadrare bene sia quali sono le idee che si trovano alla radice della dottrina economica incarnata da questo pontificato sia quali sono le ragioni che rendono estremamente deboli le idee economiche incarnate da questo pontificato.

PUBBLICITÁ

 

 

PUBBLICITÁ

Secondo Papa Francesco, la pandemia ha contribuito a mettere a nudo una doppia verità, relativamente al mondo in cui viviamo, e quella doppia verità si presenta grosso modo così: il mondo ha bisogno di meno chiusura, di più fratellanza e di più apertura sociale, ma per avere più fratellanza il mondo deve fare di tutto per essere economicamente un po’ meno aperto, un po’ meno connesso e persino un po’ più chiuso. “Aprirsi al mondo – scrive il Papa nel dodicesimo paragrafo dell’enciclica: in tutto ne sono 287 – è un’espressione che oggi è stata fatta propria dall’economia e dalla finanza. Si riferisce esclusivamente all’apertura agli interessi stranieri o alla libertà dei poteri economici di investire senza vincoli né complicazioni in tutti i paesi. I conflitti locali e il disinteresse per il bene comune vengono strumentalizzati dall’economia globale per imporre un modello culturale unico. Tale cultura unifica il mondo ma divide le persone e le nazioni, perché la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli… L’avanzare di questo globalismo favorisce normalmente l’identità dei più forti che proteggono sé stessi, ma cerca di dissolvere le identità delle regioni più deboli e povere, rendendole più vulnerabili e dipendenti. In tal modo la politica diventa sempre più fragile di fronte ai poteri economici transnazionali che applicano il divide et impera”.

 

  

Il dato interessante delle affermazioni di Francesco non riguarda solo il fatto che ancora una volta il Papa non riesce a riconoscere che le libertà degli individui vengono garantite meglio laddove gli stati promuovono l'apertura dei mercati (dove passano le merci, diceva il grande economista francese Frédéric Bastiat, non passano gli eserciti) e non riguarda neppure il fatto che è proprio grazie ai diabolici ingranaggi della globalizzazione se negli ultimi decenni la povertà nel mondo al posto di crescere ha cominciato a diminuire (tra il 1990 e il 2010 sono state un miliardo e 250 milioni le persone che sono uscite dalla povertà più estrema, circa 50 milioni all’anno, circa 138 mila al giorno).

 

PUBBLICITÁ

Il dato interessante delle affermazioni di Francesco riguarda una contraddizione di fondo dell’enciclica che ha a che fare con il cuore delle dure accuse mosse dal Papa al populismo nazionalista. Il Papa sostiene che il populismo sia un virus culturale della nostra modernità, perché contribuisce ad alzare muri piuttosto e non aiuta a costruire ponti. Ma allo stesso tempo, forse senza accorgersene, il Papa, mentre critica i populismi nazionalisti, sposa in materia economica le loro stesse tesi: “Qualcuno pretendeva di farci credere che bastava la libertà di mercato perché tutto si potesse considerare sicuro”; “se la società si regge primariamente sui criteri della libertà di mercato e dell’efficienza, non c’è posto per costoro, e la fraternità sarà tutt’al più un’espressione romantica”.

PUBBLICITÁ

 

Involontariamente, dunque, Francesco, denunciando “le ombre di un mondo chiuso” (titolo del capitolo uno) e invitando a come “Pensare e generare un modo aperto” (titolo del capitolo tre), suggerisce di combattere politicamente e culturalmente tutti coloro che lavorano per offrire ai cittadini un pianeta più chiuso. E nel farlo, non si rende conto che chiedere di combattere ogni forma di chiusura significa chiedere di combattere anche chi come il Papa invita, quando si parla di economia, a diffidare della società aperta.

PUBBLICITÁ

 

Non si può essere a favore di un mondo aperto senza essere a favore di un mercato aperto (chiedere a Bastiat). Non si può invitare a pensare a un mondo aperto senza denunciare la pericolosità di ogni forma di chiusura (chi vive in un regime dove lo stato prende il sopravvento sul mercato di solito vive in una condizione dove a essere sottomesse sono anche altre libertà). E in fondo, a questa conclusione, arriva anche Papa Francesco in quello che è forse il paragrafo economico più significativo dell’enciclica: quello sul lavoro.

 

Dice Francesco che “i piani assistenziali, che fanno fronte ad alcune urgenze, si dovrebbero considerare solo come risposte provvisorie” e che “aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per fare fronte a delle emergenze” perché “il vero obiettivo dovrebbe sempre essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro”. La dignità, sembra voler dire il Papa, non la si ottiene investendo sui sussidi ma la si ottiene investendo sul lavoro. E per investire sul lavoro è difficile che una società chiusa possa offrire ai cittadini più occasioni di combattere la povertà rispetto a quelle offerte da una società aperta. “Le libertà – diceva Filippo Turati – sono tutte solidali, e non se ne offende una senza offenderle tutte”. E chissà che scrivendo l’enciclica anche Francesco, pur non potendo ammetterlo, non abbia compreso che mai come oggi chiedere più apertura, anche in economia, significa voler garantire, a tutti, semplicemente più libertà.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ